Rimini. Estorsione con minacce al barista, condannati i “capi degli zingari”

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«Noi siamo i capi qui, non ti paghiamo e se non fai il bravo tu, ti bruciamo il bar. E non fiatare». Erano state più o meno queste le minacce che due uomini che si dicevano “capi degli zingari” avevano usato per intimorire un barista riminese la mattina del 12 febbraio dello scorso anno per non pagare la colazione. Minacce che sono valse una condanna penale in abbreviato per un 42enne nomade (sinti) e un 22enne rumeno (rom). I due difesi dagli avvocati Ninfa Renzini e Davide Grassi sono stati processati ieri davanti al giudice Raffaele Deflorio e sono stati condannati a un anno e 8 mesi ed a un anno e 6 mesi di reclusione. Stando alle indagini avevano preso di mira il titolare di un locale nella zona dello stadio del baseball. I due pretendevano il pagamento del “pizzo” minacciando in caso contrario di dar fuoco all’attività. Era da tempo che il barista sopportava la presenza dei due uomini spesso ubriachi e molesti nei confronti degli altri clienti.

Il 12 febbraio 2024 il titolare del locale era intervenuto, rifiutandosi di servirli e pretendendo il saldo del conto lasciato in sospeso. Alla richiesta degli arretrati, i due avevano risposto con la violenza sia nei confronti del barista che di un cliente. Sul posto era intervenuta la Polizia che con molta fatica era riuscita a fermare i due uomini visibilmente ubriachi. Portati in Questura i due avevano continuato a dare segno di squilibrio distruggendo mobilio, minacciando e insultando gli agenti. In camera di sicurezza, il 22enne, nonostante le manette, aveva scagliato una serie di colpi contro la porta blindata e i muri della cella. Entrambi erano quindi stati arrestati per tentata estorsione in concorso, violenza, minacce e resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato e lesioni a pubblico ufficiale e, al termine delle pratiche di rito, trasferiti nel carcere dei Casetti .

Nella mattinata di ieri entrambi sono stati processati davanti al giudice Deflorio che si è riservato di decidere sull’annullamento della misura cautelare a carico dei due soggetti. I due uomini infatti dopo un periodo di detenzione in carcere, sono stati rimessimi in libertà ma con l’obbligo di presentazione all’autorità giudiziaria per la firma. Sull’obbligo di firma il giudice non ha sciolto la riserva al termine del processo ma si è riservato.

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