Crac Ac Cesena: chieste dall’accusa condanne fino a 4 anni e mezzo

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  • 18 giugno 2025

Crac del Cesena Calcio. Mentre l’area tecnico calcistica eseguiva compiti finalizzati a sistemare il meglio possibile i conti, tramite le plusvalenze contestate sull’asse Cesena-Chievo Verona, l’area dirigenziale e quella contabile dovevano essere maggiormente consapevoli di ciò che stava accadendo. Ossia un depauperamento delle casse societarie che non poteva non finire col fallimento. Conti sballati irrimediabilmente dunque, per colpa principalmente delle tasse non pagate. E di un debito con l’Erario che si cercava sempre di rateizzare, anche con l’artifizio dell’Iva di gruppo con la controllante Cesena & Co, senza mai avere piani di rientro applicati, eseguiti o sostenibili.

Le accuse illustrare ai giudici

Appare questo il quadro, al netto del peso dei capi d’imputazione che è diverso a seconda delle posizioni, che sottende alle richieste di condanna che in 8 ore di requisitoria la pm Francesca Rago ha chiesto vengano comminate a tutti gli ex dirigenti, amministratori e contabili legati all’Ac Cesena che crollò nel 2018. Davanti al collegio composto dal presidente Marco De Leva (con giudici a latere Giorgia Sartoni e Federico Casalboni) la pm ha concentrato una parte focale della sua requisitoria sulla bancarotta per operazioni fraudolente. Illustrando in tanti aspetti e partendo fin dall’anno 2010, come le due gestioni dell’Ac Cesena succedutesi facessero tanto per cercare di saldare i debiti strettamente necessari per iscrivere la squadra al campionato. Concentrandosi al contempo sul rateizzare sempre (e senza pagare quasi mai) i debiti con l’Erario. Accumulatisi nel tempo oltre la soglia di 40 milioni di euro, non più sostenibile. Somma che ha causato il fallimento.

Tasse sempre “dimenticate”

Anche quando il Cesena saltava in A ed acquisiva più liquidità, le rateizzazioni venivano accantonate, con effetto di moltiplicarsi anche del 30% di mora ogni volta che le rate non venivano pagate. Mentre per sistemare i bilanci ed iscriversi si puntava solo su plusvalenze (ritenute artificiose per motivi contabili), permanenze o promozioni di categoria, che non sono un dato contabile certo quando si prepara un business plan, e pagamento dei creditori chirografari, senza il quale Federazione e Covisoc non avrebbero iscritto la squadra l’anno dopo. «Area amministrativa societaria e contabile erano consapevoli di questo. Ma non sono mai intervenuti per cercare di mitigare. Anzi: hanno proseguito con le rateizzazioni anche con l’Iva di gruppo della controllante» la tesi dell’accusa.

Una prescrizione: “Non luogo a procedere”

Alla fine dunque le pene richieste più alte sono legate ad amministratori della società, soci e area di contabilità e controllo, tra quelli che hanno affrontato il primo grado di giudizio senza uscire di scena con patteggiamenti o riti alternativi in passato. Unico amministratore a sfilarsi da questo disegno della Procura è Graziano Pransani, già socio del Cesena, che dopo un precedente patteggiamento doveva rispondere solo di reati di natura tributaria che però sono già prescritti e per il quale la pm Rago ha chiesto il non luogo a procedere.

Le richieste di condanna

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La pena più alta chiesta è per l’ex presidente del Chievo Verona Luca Campedelli: 4 anni e 6 mesi che se comminati dai giudici e passati in giudicato potenzialmente potrebbero schiudere le porte del carcere. Come noto il suo omologo a Cesena Giorgio Lugaresi non è più a processo: ha patteggiato in passato una pena più bassa.

Condanne più alte poi quelle chieste anche per amministratori e soci che erano parte sia dell’Ac Cesena che della sua controllante: 4 anni per Mauro Giorgini (76enne difeso dall’avvocato Alessandro Sintucci); 3 anni e 9 mesi per Claudio Manuzzi (difeso dall’avvocato Daniele Molinari); 3 anni per Luca Mancini, Direttore generale della gestione Campedelli del Cesena (avvocati Umberto e Tommaso Guerini); poi 3 anni e 3 mesi per il presidente collegio sindacale Stefano Bondi (avvocati Alessandro Melchionda e Alfonso Celli); 2 anni per il sindaco revisore della cooperativa controllante Enrico Brunazzi (avvocato Nicola Mazzacuva); 2 anni e 3 mesi per Barbara Galassi, nel collegi dei sindaci revisori sia del Cesena che della coop controllante.

L’area sportiva

Richiesta identica di pena, 2 anni e 3 mesi, per l’ex referente tecnico del settore giovanile Luigi Piangerelli (avvocati Silvia Castellari e Cesare Di Cintio) e per l’ex direttore sportivo Rino Foschi.

Codice alla mano nel complesso si tratta di richieste di pena che complessivamente ed a vario titolo potevano essere anche molto più alte, visti i reati ipotizzati per tutti, ma sulle quali può aver pesato il fatto che, al netto delle imputazioni, anche per la Procura tutto possa essere stato realizzato non per “intascare fraudolentemente denari”, ma per mantenere in vita dolosamente una società che, conti alla mano, in piedi non poteva più stare.

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