Un fisico cesenate al palazzo dell’Onu a New York per confrontarsi sulle minacce della guerra iper-tecnologica e su come tenerle sotto controllo.
Si chiama Gianpiero Siroli, è nato nel 1959 ed è docente di un corso interdisciplinare in cyber-security e cyber-war del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bologna.
Per cinque giorni si è trovato al centro di riflessioni da cui dipende il futuro, e forse la sopravvivenza stessa, del pianeta, in mezzo a diplomatici dei Paesi del mondo intero, luminari accademici e esperti di multinazionali del settore Ict e rappresentanti di ong impegnate nel campo della pace e delle relazioni internazionali.
Siroli era lì per conto di Pughwash, organizzazione fondata nel 1955 sulla base del manifesto Einstein-Russell, per promuovere il disarmo nucleare o almeno accordi sulle testate atomiche. Nel 1995 vinse anche il Premio Nobel e ultimamente sta spostando la propria attenzione sul pericolo gigantesco della cyber-war, che con lo sviluppo impetuoso dell’intelligenza artificiale rischia di diventare più fuori controllo di quanto sia già adesso. «Siamo su un treno in corsa senza nessuno che lo guida – avverte il fisico cesenate – Dobbiamo provare a non farcelo sfuggire definitivamente di mano. Si stanno iniziando a usare armi autonome, che l’Onu ha accertato che hanno già ammazzato degli esseri umani in Libia. Sono in fase di sviluppi prototipi di sciami di 50-60 droni da combattimento. E l’intelligenza artificiale è una black-box spaventosa, che si sa che ti risponde, ma non si sa bene come e perché».
In un quadro del genere, Siroli, che da alcuni mesi rappresenta Unibo nella Rete interuniversitaria per la pace, è convinto che ci sia «una necessità urgente di normare il mondo digitale, perché il mondo cibernetico è globale e presenta le stesse vulnerabilità di fronte a tecnologie che non dobbiamo mai dimenticare che sono a doppio uso: civile e militare. Quindi sarebbe sensato tentare di darsi regole comuni per governarlo, così come a suo tempo si sono regolamentate le armi nucleari, chimiche e biologiche». La posizione dell’esperto cesenate, come ha già scritto qualche tempo fa su una rivista scientifica, è che «si dovrebbe arrivare a un sistema di monitoraggio globale. Gli strumenti per farlo già esistono e vengono usati dalle grandi compagnie private. Si tratta di portarli al centro di un ragionamento politico, con accordi diplomatici».
Ma la cosa più importante, e per nulla scontata viste le fortissime tensioni geopolitiche di questi mesi, è che il gruppo di lavoro di cui ha fatto parte Siroli, il cui nome semplificato è “Cyber open-ended working group”, è riuscito ad arrivare a un documento comune, che sarà pubblicato a breve, in cui si forniscono indicazioni ai potenti della Terra. Si tratta di un Rapporto che diventa di dominio pubblico solo se si raggiunge l’unanimità. Era una missione complicata all’interno di quello che era un consesso di oltre cento persone, ma alla fine si è riusciti a centrare l’obiettivo. Una tappa importante di un percorso avviato nel 2021 e che andrà avanti fino al 2025. Entro quell’anno i membri del gruppo sperano che si potrà anche costruire un collegamento stretto con un’entità parallela che si occupa delle stesse questioni, ma in modo più ristretto e con la presenza solo di esponenti dei Governi di 20-25 Stati.
Sono diverse le questioni che sono state sviscerate durante la riunione del “Cyber open-ended working group”, che si è svolta a fine luglio. Partendo da un’analisi sulle «minacce esistenti e quelle potenziali» – spiega Gianpiero Siroli – si è passati a ragionale di «regole, norme e principi». Un grosso quesito su cui ci sono divisioni è riassumibile così: «Il settore Ict deve seguire le le leggi internazionali generali o servono norme ad hoc?». Altri punti chiave della discussione riguarda le «misure per cominciare a fidarsi uno dell’altro, quella che in Inglese si chiama “confidence”, e la capacità di sviluppare conoscenze nell’ambito Ict anche nei Paesi che sono più indietro, perché oggi c’è una disparità enorme». Infine, ci si è concentrati sul «dialogo istituzionale per creare un ponte tra le attuali due entità parallele che attualmente si occupano della questione».
Ma a che punto siamo? Non è facile rispondere: «C’è una condivisione sulle affermazioni di principio – riferisce il fisico cesenate – ma poi spuntano fuori tanti “però” tre minuti dopo. Soprattutto gli Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali, sentendosi in una posizione di vantaggio, fanno resistenza a introdurre regole rigide. Ci sono invece forti spinte ad andare in questa direzione da parte di Paesi molto più arretrati nel campo delle conoscenze Ict, a partire da quelli africani. E trovano una sponda nella Russia. Inoltre, per la prima volta, i cinesi, che di solito sono molto silenziosi, in queste riunioni hanno fatto sentire la loro voce».
A proposito di Russia, l’incontro a New York è stato anche l’occasione per tenere sotto uno stesso tetto sia rappresentanti del regime di Mosca che dell’Ucraina. Ed è stato già un grande risultato, come sottolinea Siroli, che sta capendo sempre di più quanto «i rapporti personali abbiano un peso anche nell’attività diplomatica».
Spesso, partendo proprio da lì, Pughwash ha fatto da facilitatore, anche se sotto traccia, per esempio riavvicinando India e Pakistan mentre erano in guerra e più di recente gli Usa e i talebani afghani.
Grande Gianni!!!!
molto interessante