Guarirono dalla meningite: dopo 70 anni cerca gli amici romagnoli

Cesena

Nel pieno della pandemia da Covid-19 che lo ha coinvolto al pari di tutto il resto del mondo, il suo pensiero va al passato. A quando aveva appena una decina di anni e stava lottando, con tantissimi coetanei della sua regione e d’Italia, con quella per i bambini di allora era una sorta di pestilenza terrificante: la meningite tubercolare.

I bimbi degli anni ‘50 venivano falcidiati da questo morbo per il quale non esisteva vaccino.

Lui, che sopravvisse dopo un lunghissimo ricovero, ora vorrebbe ritrovare “a una vita di distanza” gli amici romagnoli con cui condivise in ospedale il disagio della malattia.

«Mi chiamo Adelfo Cecchelli, ho 78 anni ed abito a Gaggio Montano (BO) - scrive in una breve missiva di appello - Nella primavera del 1953 sono stato ricoverato all’ospedale Gozzadini di Bologna per circa nove mesi a causa di una meningite tubercolare. Durante il mio ricovero conobbi due ragazzi romagnoli. il primo si chiama Bruno. È il più alto nella foto e forse aveva un anno in più di me. L’altro, più piccolo di statura, è Domenico. Dai ricordi che ho il primo arrivava da una zona che può essere inserita tra Rimini e Rivazzurra mentre l’altro abitava tra Cesena-Forlì, in un’area tra Diegaro e Bertinoro».

Adelfo Cecchelli non ricorda i loro cognomi ma ha ritrovato di recente una fotografia dell’epoca, scattata nelle aree verdi di quella che era (ed è ancora) la Pediatria del complesso ospedaliero S. Orsola di Bologna.

«Vorrei tentare di rintracciare questi due “ex bambini” che erano degenti con me. Nella foto io sono quello a sinistra, Domenico è al centro e Bruno a destra».

Uno era compagno di stanza di Adelfo Cecchelli, l’altro in una stanza vicina, tutti nei mesi di ricovero erano assistiti prevalentemente da mamme e nonne che avevano stretto altrettanti legami di amicizia reciproca e condivisione delle sofferenze.

«In mesi di ricovero, tanto serviva per provare a guarire, noi bambini abbiamo visto morire 31 coetanei per la stessa malattia. Una meningite che era molto diffusa in quel momento. Nel tempo, di quel periodo in ospedale sono riuscito a rintracciare un’altra “ex bambina”. Si chiama Tonina e vive a Casalborsetti. Era arrivata in ospedale mesi dopo di me».

«I ricordi di quel periodo sono tanti. I reparti erano retti alle suore e uno dei giochi di noi bambini è stato anche quello di costruire una chiesetta in miniatura con del legname che ci veniva donato. Fummo anche allontanati dalle stanze da due che occupavamo. Perché ci fu una epidemia peggiore, di poliomielite; e noi malati di meningite tubercolare finimmo per essere mandati, con tutti i nostri parenti al seguito, il più delle volte le nonne, ad occupare in 35 un unico grande stanzone».

Un reparto dove i bimbi giocavano, provavano a vivere ma purtroppo spesso morivano anche.

«Essere degenti assieme per un periodo così lungo a quell’età creava dei forti legami tra i piccoli pazienti. Ed io spero tanto di poter rintracciare quei due ex ragazzini. Perché eravamo davvero molto legati. Spero che loro o qualche loro parente possa leggere il Corriere Romagna. In maniera tale da indicarmi la via per poter rientrare in contatto».

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