Grani biodiversi, pasta madre e condivisione nel pane di Lorenzo

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GEMMANO. Primo: fare il pane è un atto agricolo. Secondo: Il panificatore è un paesaggista. Terzo: il pane ha nome e cognome... Quello della Valconca porta quello di Lorenzo Cagnoli. E lui i dieci comandamenti del Manifesto dei “Panificatori agricoli urbani” li rispetta tutti quotidianamente. Per la verità li rispettava ancora prima che venissero formulati e stampati nero su bianco dai Panificatori agricoli urbani, a Bologna nel 2020, riportati oggi anche sui sacchetti del pane che fanno da involucro alle pagnotte frutto di queste idee condivise. «Il pane ho cominciato a farlo dodici anni fa coltivando il grano», spiega Lorenzo, stazza da cestista, studi classici e una laurea in filosofia alle spalle e sul viso un sorriso che trasmette la soddisfazione di una persona che ama il lavoro che fa. Vive con la moglie Alice Kupczyk sulle colline di Onferno. Lasciata la già poco trafficata provinciale si sale fin sul crinale e, circondati dai campi di grano e prati a perdita d’occhio ci sono la sua casa e il suo laboratorio, da cui ogni mattina partono le pagnotte appena sfornate per il negozio Pasta Madre in centro a Rimini e per altre botteghe e dispense di ristoranti della provincia. «Questa è la casa dei nonni di mia moglie e quando abbiamo deciso di vivere qui, ci siamo dati da fare perché non diventasse una casa dormitorio, ma si creasse un legame con questo luogo e abbiamo creato qui il nostro lavoro. quindi abbiamo cominciato coltivando grano, il nostro è biologico, su un ettaro e mezzo dei 5 di proprietà, seminando diverse varietà, trasformandolo poi tutto in farina per il pane – spiega –, poiché però la produzione con gli anni è aumentata, oggi sforniamo una media di 150 pezzi al giorno, quello che produciamo noi non basta. Allora compriamo il grano da alcuni produttori vicini che accettano di coltivare il nostro seme e lo crescono, senza chimica e rispettando suolo e natura, poi lavoriamo con il Molino Pransani di Bivio Montegelli e con la cooperativa Valmarecchia Bionatura. Questo significa curare non solo la biodiversità, ma anche il suolo e il paesaggio che sta intorno al panificio». Dopo il grano è arrivato il pane. «Andavamo a mangiare a Gemmano e lì arrivava un pane che chiamavano il pane del dottore. Lo faceva un forno di Mercatello di Gemmano, di proprietà di un medico, che aveva forno e mulino attaccati. Furono loro a indirizzarmi a Giuliano Pediconi che è il mio maestro». Condividere pratiche, ricerca, fornitori, ricette, risponde al quarto comandamento: “i laboratori dei panificatori hanno pareti trasparenti” e allo stesso tempo anche al quinto e sesto: “crediamo in un futuro artigiano” e “il panificatore è soggetto dinamico”. Vale a dire che il pane si fa “provando e riprovando” grani, farine, soluzioni, lievitazioni... e i dogmi sono banditi.

Dice poi il caposaldo numero 8: “il pane è nutrimento” e mangiare il pane deve fare bene e deve essere un piacere. Anche la scelta dell’utilizzo del lievito madre fin dall’inizio, ormai 12 anni fa, va in questo senso. «Il mio lievito madre me lo diede un ragazzo argentino che lo aveva portato con sé a San Marino, ma il bello è che il lievito si contamina continuamente, a ogni rinfresco cambia». I tipi di pane prodotti al forno agricolo di Lorenzo sono sette, le pagnotte da uno o cinque chili, il venerdì si aggiunge quello speciale condito con verdure, frutta o erbe di campo di stagione, cambia sempre. Oltre che nella bottega Pasta madre di via Serpieri in centro a Rimini, Lorenzo vende il suo pane di persona il sabato mattina al mercato di Cattolica, la domenica a Bellaria, in alcuni mercatini della provincia di Rimini e con i gruppi di acquisto legati alla coop Terre Solidali. Qui vige il comandamento numero 7: “le nostre botteghe sono presidi di gentilezza”. Utilizzano il suo pane anche alcuni ristoranti: il bagno Calupe di Cervia, Lucio a Rimini, Oreste a Santarcangelo.

Tutto questo per dire che, e siamo al nono, “il pane è relazione”. Non solo fra l’ottantina di panificatori che hanno fatto proprio questo manifesto, ma nel caso di Lorenzo anche sul territorio. «A Onferno viviamo in cento persone, coltivare e panificare qui significa tenere vivo un entroterra che altrimenti ormai sarebbe deserto, dopo decenni in cui tutte le risorse e le forze si sono concentrate sulla riviera – ragiona Lorenzo Cagnoli, sempre col sorriso –. Ma proprio perché qui siamo così pochi il pane lo portiamo anche a Rimini, creando così un ponte fra campagna e città». E siccome le relazioni sono fatte per moltiplicarsi: «Sarebbe bello coinvolgere anche i grandi mulini. Io oggi ho circa 2 ettari di grano a gentil rosso e senatore Cappelli, ma sarebbe bello che ce ne fossero molti di più, e per questo serve che siamo sempre di più come fornai a farne domanda. Così si moltiplicherebbe anche un’offerta di qualità delle farine, col tempo probabilmente accadrà». Intanto si coltiva la biodiversità, come vuole il decimo comandamento dei panificatori consapevoli: «Come per ogni organismo agricolo la forza viene dalla capacità di adattarsi e co-evolvere». Esattamente come stanno facendo Lorenzo e altri piccoli produttori in questa Valconca, dove la condivisione è di casa, come dimostra la merenda spontanea a base di pane e formaggi che unisce le produzioni di due vicini di casa dalle idee chiare proiettate su un futuro dove la vita, come il cibo che la alimenta, punta prima di tutto alla qualità.

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