Gli artisti romagnoli e le vedute di Monte Vescovo

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L’ inconfondibile profilo dei monti Pincio e Aquilone detti anche del “Vescovo che dorme” o più semplicemente “Monte Vescovo”, è facilmente identificabile sull’orizzonte risalendo la vallata del Marecchia verso il passo di Viamaggio. Norberto Pazzini (Verucchio 1856-1937), a Roma dal 1874 per studiare all’Istituto di belle arti, inizia a dipingere seguendo i dettami dei Nazzareni e dei Preraffaeliti. Dopo l’incontro con Giovanni (Nino) Costa, del quale diventa l’allievo prediletto, si dedica a una pittura romantica e contemplativa della natura. Espone spesso in Italia e all’estero entrando nel giro dei pittori inglesi che gravitano attorno a Costa. D’estate soggiorna a Verucchio dove dipinge il paesaggio locale interpretandolo poeticamente silenzioso nella luce attenuata dell’alba o del crepuscolo, come la Valmarecchia con il profilo di Monte Vescovo contro il cielo rosato.

Suo nipote Edoardo Pazzini (Verucchio 1897 – Rimini 1967) ottimo pittore e indimenticabile professore di disegno al Liceo Scientifico di Rimini, ne continua la tradizione artistica, immortalando molti degli stessi scenari. Nel 1931 dipinge una delle sue prime nevicate sulla vallata del Marecchia con la pennellata magra presa dallo zio: un piccolo gruppo di case coloniche immerso nella neve, il prelato dormiente imbiancato all’orizzonte e il rosa tenero del cielo che si riverbera su tutta la scena. Silenzio, grande equilibrio tonale e tanta poesia.

Addo Cupi (Rimini 1874-1958), geniale e creativo, uno degli animatori della vita artistica riminese del suo tempo, è poeta, scrittore, giornalista, grafico, caricaturista e valente pittore. È tutto quello che egli stesso teorizza sotto il nome di Cupismo, in sintesi: saper fare di tutto e sapere di tutto. Dopo la laurea in Ingegneria a Torino nel 1901, dall’inizio degli anni Venti fino alla fine degli anni Trenta porta avanti una intensa attività di edilizia civile progettando ville e residenze eleganti a Rimini. A lui si deve la ristrutturazione nel 1920 di Palazzo Valloni, al piano terra del quale realizza la sala del cinema Fulgor. Inizia a dipingere da autodidatta a Padova poi a Torino partecipando a mostre in queste città e più volte a Rimini a partire dall’Esposizione romagnola di belle arti del 1901. Sarà presente poi a Venezia nel 1909, Milano nel ’16 e a Forlì nel ’21, ottenendo unanime consenso di critica e di pubblico, premi e riconoscimenti. Monte Vescovo fa da sfondo sulla destra di chi guarda la straordinaria visione della vallata del Marecchia di sua mano. Un dipinto che ha il respiro di un paesaggio toscano antico. Un saggio di bravura che dà valido sostegno al concetto di Cupismo.

Più illustrativo e brillante per la vivacità dei colori e la pennellata rapida e sicura la “Vallata del Marecchia”, l’acquerello di Luigi Pasquini (Rimini 1897-1977) eseguito nel 1969. Due grandi alberi sono le quinte del corso del fiume, dei paesi che attraversa e dei monti di Perticara, tra i quali risalta il “Vescovo che dorme”. Si tratta di uno dei tanti paesaggi sul tema che ritrae sempre con la diligenza e la precisione che lo distinguono.

Demos Bonini (Rimini 1915-1991), del quale ricorre quest’anno il decennale della morte, è profondamente legato alla valle per averla frequentata quale insegnante di disegno a Novafeltria a partire dal 1942. Un soggetto che suscita un richiamo nostalgico nell’artista il quale lo ripropone negli anni, interpretandolo con la cifra stilistica che gli è propria in quel momento, trasformandolo nel repertorio della sua epopea artistica.

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