Giovanna e Miranda Madonia, la forza di un sogno

A Bertinoro il vino non è una bevanda tra le tante, ma l’unico bere possibile o, come direbbero i vecchi nelle campagne, quelli che all’italiano preferiscono ancora il più sanguigno dialetto, semplicemente “e Bé”, il bere. Insomma, per dirla in breve, il vino qui è una cosa seria. E in questo borgo di origine medievale, incastonato come una pietra preziosa tra i rilievi dell’Appennino tosco-romagnolo e la bassa pianura padana, le divinità del vino sembrano aver trovato casa. Sangiovese e Albana sono le due gemme che escono fuori dalla nuda terra e che racchiudono dentro gli acini tutti i colori, i sapori e le tradizioni della Romagna accogliente e ospitale. Una tradizione che Giovanna Madonia ha raccolto per strada e che trent’anni fa ha scelto di caricarsi sulle spalle, credendo in un sogno che sicuramente non era affine a quello di suo nonno Pietro, ma che comunque era il suo e tanto bastava per metterci anima e corpo. Oggi il successo dell’azienda “Giovanna Madonia” dimostra che credere nei sogni, spesso, è davvero la cosa giusta, ma allora, quando la terra di famiglia era una distesa di uliveti, chi lo avrebbe detto? «Poco dopo la fine della guerra – racconta Giovanna – mio nonno Pietro acquistò una vasta proprietà a Bertinoro che comprendeva, come ogni podere di questo nostro territorio così vocato, tre ettari di vigneto coltivati a sangiovese e albana. Il terreno era ottimo e l’uva eccellente, ma ogni tanto alcune piante si seccavano e lui, in quel piccolo spazio che si creava, da buon siciliano nostalgico della sua terra d’origine, felice piantava subito un ulivo. Il suo desiderio era avere un grande uliveto». Purtroppo «ho spezzato quel sogno, irrimediabilmente. Nel 1992 ho ripiantato tutte le vigne, le ho anche estese con la testardaggine che mi ha aiutato a superare tante complicazioni: volevo assolutamente produrre grandi vini».

Storia al femminile

Al suo fianco, da anni, Giovanna ha voluto tutte e quattro le figlie, soprattutto Miranda, che segue in prima persona la produzione del Sangiovese, dell’Albana e di quel poco di olio che, comunque, Madonia vede un po’ come fosse una tradizione di famiglia. Ma nella città del vino, perché così è conosciuta Bertinoro, quello che conta è appunto il vino. «La nostra produzione è interamente artigianale – spiega sempre Giovanna –. Selezioniamo accuratamente ogni grappolo per ottenere vini di alta qualità e seguiamo rigorosamente ogni aspetto della filiera, dalle vigne alla cantina, alla commercializzazione, come testimonia la nostra associazione alla Federazione italiana vignaioli indipendenti. Nella cantina di fermentazione – aggiunge – lavoriamo le nostre uve, tenendo separate le diverse varietà clonali, senza l’uso controllato della temperatura, attenti ad utilizzare pochi solfiti e favorendo fermentazioni spontanee e lunghe macerazioni. Imbottigliamo personalmente le nostre 60mila bottiglie annue».

I vini affinano rispettando i lunghi tempi necessari nell’antica cantina sotterranea della villa padronale, risalente al ‘700, dove le moderne vasche in acciaio si accompagnano alle antiche tradizioni del legno e del cemento. E la passione di queste donne energiche e grintose per l’arte e la creatività è resa evidente dalle etichette realizzate con i disegni originali di Altan e dai nomi scelti per i vini, ognuno dei quali rivela una storia.

L’azienda

L’azienda comprende circa 14 ettari che si estendono sulle pendici della splendida collina di Montemaggio, a Bertinoro, nel cuore di quello che viene definito “il balcone della Romagna”. Il vero segreto di Bertinoro si cela però sottoterra, dove giace il celebre “Spungone”, un terreno peculiare che regala ai vini sensazioni uniche. «La genesi di questa roccia spugnosa – dice Giovanna –, chiamata così dal termine dialettale spungò, risale a circa tre milioni di anni fa. Si tratta di un particolare tipo di roccia calcarea di origine organica che si è formata nei fondali marini prima della emersione della terra romagnola, ed è costituita da frammenti di gusci di conchiglie e fossili uniti a cemento calcareo. La preistoria si mescola quindi alle tradizioni vitivinicole della nostra azienda».

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