Giovanardi: "Rimini capitale, è il momento giusto"

Rimini

Rimini capitale italiana della cultura 2024 è possibile? Risponde lo storico e critico d’arte Alessandro Giovanardi, docente di Arte sacra e di Iconografia e Iconologia all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Rimini-San Marino-Montefeltro, curatore delle attività culturali della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e direttore di “Ariminum”, rivista di storia, arte e cultura.
Giovanardi,​ cosa pensa dell’eventuale candidatura di Rimini a capitale italiana della cultura?
«Si tratta di un’eccellente occasione per mettere una volta di più in luce il mutamento radicale della natura di Rimini e del suo modo di proporsi al mondo. Una volontà di cambiamento in atto da lungo tempo, almeno dagli anni Novanta, ma che in questi ultimi dieci ha subito un’accelerazione a tutti visibile. Prepararsi a una candidatura è inoltre un’opportunità per riflettere sul proprio patrimonio storico-artistico, sui promotori della cultura e dei saperi, sui luoghi dove si generano e si diffondono. È poi un modo per rendersi conto che il pubblico cittadino è molto cambiato e maturato ed è tra i più attenti ed entusiasti in Italia. Inoltre è un modo per riflettere sul tipo di turisti e di viaggiatori che desideriamo attrarre in città. Infine, è il momento di pensare un rapporto nuovo, fondato proprio sulla cultura per ricucire la relazione tra centro e periferie e tra Rimini e l’entroterra (l’arrière pays di poesia e d’arte di cui scrive Yves Bonnefoy)».
Secondo lei Rimini avrebbe i requisiti e i mezzi per questa competizione?
«Rimini è nel momento migliore per concorrere, impegnata com’è in un grande mutamento strutturale, urbanistico e nella creazione e nel recupero di spazi per la cultura. Inoltre è da sempre capace di una ricettività del tutto fuori dall’ordinario e collaudata da almeno 65 anni. E, tuttavia, siamo ancora carenti per alcuni aspetti decisivi. Innanzitutto vi è una disarmonia nella valorizzazione della propria storia: l’enfasi giustamente posta su Fellini deve evitare che la sua spettacolarizzazione entri in conflitto con la storia, l’architettura e l’archeologia malatestiana. Allo stesso modo la volontà di aprire nuovi spazi per l’arte non deve essere occasione per dimenticare ciò che è pubblico e trascurato da anni come, ad esempio, la ricchissima collezione delle arti extraeuropee “Dinz Rialto”. Una raccolta straordinaria e degna di una capitale europea che per interesse e qualità potrebbe paragonarsi a simili istituzioni internazionali e giace in gran parte nei magazzini».
Le attività e istituzioni culturali riminesi potrebbero realmente trarre beneficio da questo riconoscimento o sarebbe meglio puntare su altro?
«Il beneficio non verrà dal conseguimento dell’obiettivo, ma dal lavoro di collaborazione per raggiungerlo, che riesca o no: un’esperienza collettiva che potrebbe costruire un nuovo dialogo tra Comune e Diocesi, per esempio, e, più in generale tra il pubblico e i privati, in un rapporto di reciproco riconoscimento. Mi sembra che la Biennale del disegno (nata da un sogno dell’artista Franco Pozzi) o la valorizzazione in atto del Trecento riminese e, recentemente, della chiesa di Sant’Agostino, suscitata da un richiamo efficace del nostro concittadino Antonio Paolucci, vadano in quel senso. I finanziatori privati devono sentirsi partecipi e responsabili di un territorio in cui vivono e hanno formato la loro prosperità; non enti a cui devolvere la gestione del patrimonio comune, ma soggetti da coinvolgere in un progetto condiviso».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui