Giorgina Pi al Santarcangelo Festival

«Siamo stati accolti magnificamente. I santarcangiolesi sono stati curiosi ed estremamente disponibili mettendo a disposizione con grande spirito collaborativo i loro terrazzi e i loro tetti nel Centro Storico per la realizzazione di Grand Bois».
Giorgina Pi che l’ha ideato con Luigi De Angelis e Cristiano De Fabritiis, ne ha curato la drammaturgia e la regia, racconta l’esperienza preparatoria dello spettacolo collettivo in scena stasera dalle 20,30 alle 23,30, dal titolo “Grand Bois” che parte da piazza Ganganelli per poi diffondersi in 12 postazioni nel centro storico, con mappa disponibile al Box Office in Piazza. È senza dubbio uno dei punti di forza del programma, aperto a tutti, libero con l’aspetto di festa e di rito atteso e coinvolgente. Ciò anche grazie alla ventina tra percussionisti e cantanti, tra cui tante artiste donne, che coi loro suoni e battiti faranno da colonna sonora alla spettacolare cerimonia ideata da Fanny & Alexander e Bluemotion in collaborazione con Tempo Reale, centro di ricerca musicale fondato da Luciano Berio.
Giorgina Pi può spiegare il progetto e le sue declinazioni?
«Grand bois è come un ecosistema che mette in connessione le artiste e gli artisti, molto eterogenei e di livello altissimo, provengono infatti da realtà molto diverse tra loro e suonano percussioni di vario tipo, a volte ricreate e reinventate. Partendo dalle loro diversità si mettono in contatto con una radice musicale comune, così come in un bosco, dove ogni albero è connesso e interagisce tramite le radici, il sottobosco, le foglie».
Ecco dunque il perché del titolo ma ora può dirci cosa succede?
«Questo spettacolo collettivo è una composizione musicale poliritmica ma è anche una cerimonia di condivisione di battiti in una dimensione di festa. Plurale e individuale allo stesso tempo aperto alla partecipazione di tutti. Gioca molto sulla sorpresa per cui non posso aggiungere più di tanto. Mi piace sottolineare che si parte dalla Piazza per poi ascendere verso il paese alto dove i musicisti sono disseminati nelle case fino alla Rocca, un paese parallelo che vive di altezze e per questo ci piace immaginare i musicisti che fluttuano nel cielo della città».
Qual è il filo conduttore del lavoro? E come lo si legge?
«È la musica e la cultura haitiana a cui rendiamo omaggio qui per la prima volta. Una cultura musicale che è stata importantissima nella storia della musica e ha impresso caratteristiche forti nella musica che ascoltiamo. Gran Bois deriva proprio dalla tradizione haitiana delle cerimonie voodoo cercando di intercettare cosa ne resta oggie di incarnare quel grande potere evocativo diffondendolo tra i partecipanti. Per fare questo c’è una figura magica che attraversa il percorso a sorpresa e ci sono dei simboli lungo il viaggio. Sono le immagini simbolo perturbanti che ad Haiti vengono disegnate a terra mentre noi le abbiamo collocate in verticale su tela, in sostanza icone associate alle loro divinitàfiglie di un sincretismo religioso che caratterizza la spiritualità delle classi più povere ed emarginate».
È prevista anche una mostra?
«Si, nella magnifica sede dell’Associazione Santabago che ha collaborato al progetto dando forma alla sua componente installativa, visitabile su prenotazione nei week end».

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