Gioia Salvatori il 14 al Centro sociale di Poggio Torriana

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Si chiama Gioia Salvatori, sarà alla Sala Teatro del Centro sociale di Poggio Torriana domenica 14 alle 17.30 con il suo esilarante “Cuoro. Pillole per il cuore. Cuoro in pillole”. L’abbiamo vista in televisione a “Propaganda Live”, fare tanto teatro (il suo ma anche con la Dandini in “Vieni avanti cretina” e ora con Lucia Calamaro in “Darwin inconsolabile”). “Cuoro” è un progetto partito sul web dal suo blog che di anno in anno l’ha portata a raccogliere i frutti del successo. Lei ha gioco facile con la parola. È una vera equilibrista che gioca con intelligenza sui significati, intrecciando suoni, assonanze, doppi sensi, sporcature dialettali (è romana), vocaboli esterofili e inventa nuovi lemmi ad arricchire il vocabolario della sua lingua, una neo lingua nata sul blog-contenitore satirico e poi reiterata sul palco, in televisione, alla radio (Radio Rai 3 dove dal 20 sarà impegnata in “Le ripetizioni” come autrice e interprete). È un dono il suo che dice derivarle dallo studio della musica a cui si aggiungono studi classici che danno spessore e toni alti alle sue considerazioni sarcastiche. “Di “Cuoro” ci sono molte versioni, questa è nata nel 2018 ed è quella che gira di più perché ha una dimensione in pillole, è più frammentata e agile, in quanto è un monologo di un’ora senza scenografia.

È dunque una versione che si aggiorna continuamente?

«Essendo un mix di ragionamenti sulle donne, le favole, i modelli comportamentali, i costumi e sul logorio della vita moderna a volte cambio i ritratti femminili, accade che li sostituisca perché emerge qualcosa che in quel momento sento il bisogno di dover affrontare. È un lavoro da battaglia, un terreno di sperimentazione».

Le accade di improvvisare? Magari per qualche inserto di attualità?

«No, non improvviso, l’unica improvvisazione sta nel mio rapporto col pubblico. E in quanto all’attualità ritengo sia un tratto oggi presente ovunque perciò io cerco di starne fuori altrimenti mi sembrerebbe di essere al bar e non su un palco. Io mi occupo di macro temi che riguardano ritratti femminili».

Perché ha coniato la parola cuoro, al maschile?

«No, non è al maschile, è un errore, indica uno sbaglio voluto. Ma la spiegazione è di una pedanteria che uccide….».

E lei, se c’è una parola che prende di mira è proprio pedanteria.

«Voglio dire che cuore indica una paccottiglia sentimentale e a me piace il discorso che questa parola sia individuata come un errore. Del resto la comicità è un inciampo, sfocia nell’errore, l’umorismo permette di straparlare ed è un territorio dove si cammina sbagliando».

Sembra proprio che tutto ciò le venga naturale.

«Ha a che fare col gioco. I suoni corrispondono a concetti e questo senso del suono deriva dalla mia formazione musicale, una disciplina che mi affascina e a cui vorrei dedicarmi con più assiduità. Solo la parola poetica ha la stessa agilità della musica».

E lei usa indistintamente un linguaggio alto e basso.

«Viene dalla mia formazione scolastica. Per far capire tutto uno sforzo va fatto, uso delle capriole verbali per tradurre il mio stato esistenziale e in teatro ciò è possibile perché il teatro è una cosa viva. Le parole giocate aprono mondi e possibilità e questo è importante dal punto di vista speculativo».

Quali sono le sue parole chiave?

«Ne dico una quantità …dovrei stare un po’ zitta! Non ho parole specifiche di riferimento, sono più i giochi linguistici ad attirarmi per seguire la direzione del mio pensiero. Quando parlo di uber cafone o ranocchio Unno ho scelto di far fare un salto parodistico alla parola».

Come definirebbe la sua maschera teatrale?

«Un’autrice prima di tutto che si arrabatta dentro per far emergere fuori il proprio pensiero. L’autore emerge dal mio modo di essere attrice: solo in questo modo posso veicolare i contenuti che sento e che mi interessa raccontare. In sostanza dico la mia con la forma che mi do. Senza la forma c’è solo la realtà e non c’è niente di peggio! Insomma cerco di dare una forma al vero».

Qual è il suo rapporto col pubblico?

«Desidero stabilire un rapporto d’amore col pubblico inteso in senso greco. Il mio è un bisogno sentimentale e il lavoro per me è più di consolazione che di denuncia. La prospettiva è da dentro il dramma, e sono io la prima che inciampa. La mia vis comica contesta sempre l’umano ma non è giudicante, è bonaria». Info e prenotazioni: 327 119 2652

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