Ginevra Di Marco al teatro Turroni di Sogliano: l'intervista

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Il teatro Elisabetta Turroni di Sogliano al Rubicone ospita questa sera dalle 21 l’anteprima nazionale di “Ginevra Di Marco canta Tenco”, tour che segue la pubblicazione del disco “Quello che conta”, in cui la cantante fiorentina rilegge le canzoni di Luigi Tenco. Il progetto di Ginevra Di Marco sul cantautore piemontese scomparso nel 1967 è cominciato in realtà quattro anni fa.

«In effetti si tratta di una ripartenza. Nel 2018 mettemmo su uno spettacolo per celebrare quello che sarebbe stato l’ottantesimo compleanno di Tenco, con un quartetto d’archi, e lo portammo in giro fino al 2020. Nelle nostre intenzioni doveva essere solo un progetto live, ma poi è arrivato il lockdown; siccome eravamo bloccati a casa, lanciammo un crowdfunding per realizzare l’album, pubblicato poi in novembre, e oggi lo portiamo dal vivo, visto che fortunatamente ci sono ancora richieste». Rispetto allo spettacolo del 2018/19 ci sono novità?

«Nella prima parte del concerto portiamo “il nostro Tenco”, poi, nella seconda parte vedremo che aria tirerà, e varieremo di sera in sera, pescando nel nostro vasto repertorio».

La sua formazione artistica si è svolta nel rock alternativo italiano degli anni ’90, quando era cantante dei Csi e dei Pgr di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, e collaboratrice di molte rock band; cosa ha trovato in Tenco, che è piuttosto lontano da questo ambito?

«Il disco è nato nel 2020, quando compivo cinquant’anni, età in cui ci si guarda indietro con un po’ più di tenerezza e perdono, quindi è stato un abbraccio affettuoso per la mia famiglia. In casa si ascoltava parecchio Tenco, tanto che mi sono ritrovata a ricordare a memoria le sue canzoni senza averlo voluto. Il mio percorso giovanile di carriera è stato molto lontano, fino a ripudiare la canzone d’autore italiana, ma crescendo si fa pace con il primo vestitino che ti hanno messo addosso, e così ho riscoperto Tenco».

Sarà ancora sul palco con Francesco Magnelli alle tastiere e Andrea Salvadori alle chitarre, compagni artistici di una vita: possiamo dire che Di Marco è in realtà il nome di una band?

«Assolutamente sì. Ho sempre desiderato creare una squadra, piuttosto che contornarmi di turnisti. Il mio percorso musicale è anche un percorso di vita, quindi mi piace condividere gioie e dolori con persone vicine».

Francesco Magnelli, che lei ha conosciuto nella formazione dei Csi, è anche suo marito: com’è lavorare insieme?

«È una mescolanza di lavoro e vita privata, che a volte si vive con facilità, e a volte è un po’ più complessa. Già la musica è un lavoro che non ha confini e orari, in questo caso ancora di più. L’abbiamo voluto e non ce l’ha ordinato nessuno, quindi ci piace. Guardarsi indietro e vedere quanta strada abbiamo fatto insieme è bellissimo».

Anche il disco precedente era un tributo, alla cantante argentina Mercedes Sosa, dal titolo “La rubia canta la negra”; in futuro tornerà a incidere materiale inedito?

«Non subito. Stiamo lavorando a uno spettacolo dedicato all’astrofisica Margherita Hack, che nel 2022 avrebbe compiuto cent’anni. Abbiamo avuto la fortuna di lavorare con lei per quattro anni, e vogliamo ricordarla con uno spettacolo che girerà in estate. Ci sarà con noi Gabriella Greison (attrice, scrittrice e scienziata fisica milanese, ndr.) e racconteremo la vita e la scienza del nostro pianeta, che Margherita chiamava “villaggio globale”. Successivamente ci sarà anche un disco di inediti».

Biglietti a 15 euro
www.teatroturroni.it

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