Gardini il visionario. La sua epopea in tv torna a emozionare

Passano gli anni ma il mito di Raul Gardini resta, per i ravennati e non solo. A lui era dedicata mercoledì sera su La 7 l’ultima puntata di Atlantide condotta dal giornalista di inchiesta Andrea Purgatori. Una trasmissione che - va detto - finalmente si è concentrata principalmente sull’aspetto umano e professionale del “raider” ravennate purtroppo messa spesso in secondo piano dal contesto giudiziario e politico della sua tragica fine. E così, dopo il ricordo dello skipper del Moro di Venezia Paul Cayard, Purgatori si è addentrato anche nella sua ascesa all’interno del capitalismo italiano ricordando anche aneddoti non noti al grande pubblico. Particolarmente inquietante quello riportato dall’ex pm del pool di Mani Pulite Piercamillo Davigo. Che ha ricordato uno “strano” dono fatto a Gardini dopo la firma per la fusione tra Eni e Montedison che diede vita a Enimont. In quell’occasione un manager gli dono due cazzuole con simboli massonici. Un aneddoto rivelato anche nel libro di Franco Bernabè “A conti fatti” pubbliccato lo scorso maggio. «Alla fine della breve cerimonia, preso dall’entusiasmo, Necci omaggiò sia Gardini sia Reviglio di una cazzuola d’argento decorata di simboli massonici. A molti dei convenuti l’imbarazzo si leggeva in faccia. La spiegazione del sorprendente regalo non convinse nessuno» scrive Bernabè ricordando quella cerimonia del 15 dicembre del 1988. «Un episodio inquietante – commenta Davigo –, per far capire chi c’era a vegliare su quell’accordo». Ecco allora che nel giro di pochi anni, a partire dal progetto sull’etanolo, passando per la scalata alla Montedison, finendo con la grande Enimont, l’imprenditore ravennate si era messi contro tutti. Prima le sette sorelle del petrolio che, come raccontato mercoledì da Marco Fortis (fondazione Edison), fanno affondare il sogno della benzina derivata dagli scarti dell’agricoltura. Ma ben presto Raul si trova accerchiato dai poteri forti dell’Italia della Prima Repubblica: la politica, la finanza tradizionale di Enrico Cuccia, la P2 di Luigi Bisignani, la massoneria e, non da ultimo, la banca del Vaticano Ior. « Lo scontrarsi contemporaneamente con la politica, la mafia e col Vaticano – ha detto Davigo – credo sia un’impresa che supera le forze di chiunque». Ma il ravennate era un visionario.

Lo Steve Jobs italiano

Fortis, in un ricordo di Gardini avulso dalle amarezze delle cronaca lo ha definito senza esitazione un imprenditore al pari di Steve Jobs e Bill Gates. La Montedison, secondo Fortis, era innovativa al pari della Apple. «Ma mentre in America queste realtà vengono incentivate a crescere – ha commentato – in Italia sono state fatte affondare». Per Raul la terra era vita. A dirlo è lui stesso in una vecchia intervista rilasciata a Gianni Minoli, nella quale spiega che l’Italia sarebbe potuta divenire la California d’Europa sull’agricoltura, ma ormai il treno era partito e non sarebbe più passato. Le parole di un sognatore, che 40 anni fa parlava di energia pulita, di tutela dell’ambiente, di salvaguardia del territorio.

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