Garaffoni e Castellucci protagonisti alla Biennale di Venezia

Il cesenate Giacomo Garaffoni (1981), autore e regista, debutta stasera come autore alla Biennale teatro; alle 20, Piccolo Arsenale di Venezia (con replica domani alle 18), va in scena Veronica, spettacolo da lui scritto che ha vinto il bando veneziano per drammaturghi under 40. È portato in scena dalla regista Federica Rosellini (1989), attrice e regista associata del Piccolo di Milano dove si è formata, già premio Ubu under 35. Rosellini è pure interprete dello spettacolo con Serena Dibiase, Nico Guerzoni, Elena Rivoltini, la danzatrice Nunzia Picciallo. La scenografia è di Paola Villani, altro Ubu, la costumista Simona D’Amico collabora pure con Antonio Latella.

«Spicca una collaborazione artistica ben nutrita – commenta Garaffoni –. Lo spettacolo è una produzione di Biennale teatro, fatto questo che mi inorgoglisce perché non è da tanto che produce. Si è anche inserito il Piccolo».

“Veronica”: di cosa tratta?

«Veronica prosegue il mio viaggio nella tragedia, e nel voler portare la tragedia nel mondo contemporaneo. Si possono trovare elementi delle Baccanti, del mito di Orfeo ed Euridice, ma è una storia che nasce in questo nostro presente. Si può riassumere come la storia molto semplice, e molto complessa, di una ragazza che muore, che si chiama appunto Veronica, mai presente sulla scena, ma solo raccontata. Veronica muore all’improvviso senza un come né un perché, muore e basta; diviene un simbolo, una icona, per un gruppo di ragazze a lei vicine; sconvolte per la morte dell’amica, scelgono di abbandonare il mondo degli uomini, per diventare una sorta di comunità femminile, matriarcale, completamente autonoma».

Cosa porta questa loro trasformazione?

«Diventano una sorta di Baccanti contemporanee, attraversano un percorso sugli stadi del lutto e sull’abbandono del mondo contemporaneo. Ciò porta a un percorso sull’emancipazione del corpo femminile, sulla libertà dal genere, ma anche su una famiglia nuova. Tanto che una di queste donne, durante il racconto, si ritrova incinta, anche in questo caso senza un come né un perché, come lo fosse di un grande amore o di una grande perdita, una sorta di allegoria di affiliazione del lutto. Il testo ha dunque la forma di una tragedia greca costruita secondo gli stasimi del coro, parodo, prologo, però è scritta con le parole, con le voci dell’oggi, tant’è che è molto presente anche la musica elettronica».

Com’è arrivato a questa visione?

«Veronica aveva cose dentro che mi interessava portare fuori. Mi ero avviato nel percorso su Cristina Golinucci (Voglio soltanto le ossa, ndr), mi interessava la perdita, il lutto, l’elaborazione del lutto, persone che spariscono nel nulla; ma insieme a un aspetto più arcaico, primitivo. Poi è entrato l’immaginario di Picnic a Hanging Rock, del Giardino delle vergini suicide, il lavoro di Klein nella pittura… e il testo ha incontrato la regia visionaria di Federica Rosellini e si è evoluto».

Romeo Castellucci

Oggi alla Biennale viene anche presentata l’installazione del cesenate Romeo Castellucci Domani del 2022. Un’azione performativa che vede protagonista la performer brasiliana Ana Lucia Barbosa di bianco vestita, con un lungo ramo d’albero alla cui estremità è infilata una scarpa. Le musiche sono di Scott Gibbons.

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