"Coch y Bondhu" vince per distacco. Zangheri: «Barca ed equipaggio meravigliosi»

Rimini

Un vero e proprio trionfo per "Coch y Bondhu", la barca riminese che ha partecipato alla Panerai Transat Classique, la traversata atlantica per barche d'epoca su un percorso di tremila miglia da Lanzarote (Canarie) a Saint-Kitts (Piccole Antille). Lo skipper Paolo Zangheri e i suoi compagni di viaggio (Ivano Brolli, Claudio Magrini e Renato Tartarini) erano già consapevoli che il successo era acquisito ma solo ieri è stata ufficializzata la classifica in tempo compensato. Al primo posto, quindi il ketch riminese lungo poco più di 15 metri, costruito nel 1936 in Inghilterra e restaurato a Rimini al Cantiere dell'Adriatico dei fratelli Tosi nel 2008. Il secondo posto va a Stiren (Alex Pella) distanziato in tempo compensato di circa 6 ore e 20 minuti. Terzo Glen Mael a circa 11 ore. A seguire Hilaria, Bryell II, Xarifa, Lys ed Eilean. Aramis deve ancora arrivare. Molto soddisfatto Zangheri che della barca è anche armatore.

Paolo Zangheri, se l’aspettava?
«No. I francesi non ci consideravano neanche per il podio. Ma dopo 3-4 giorni di regata abbiamo capito che il risultato era alla nostra portata. Barca ed equipaggio sono stati meravigliosi».
Eppure non sono mancati i problemi: rottura di boma e spi.
«Il 18 gennaio un’onda ci ha fatto spaccare il boma. Ivano l’ha riparato accorciandolo di un metro e mezzo. Così da quel momento siamo andati avanti con la randa sempre con due mani di terzaroli».
E lo spinnaker?
«Quattro giorni fa, di notte, una raffica forte l’ha fatto scoppiare. Anche in questo caso si è proceduto alla riparazione».
Siete stati sempre molto veloci.
«Non abbiamo mai incontrato bonacce. Merito anche della scelta della rotta, più meridionale rispetto alla maggior parte delle altre barche (siamo scesi quasi fino a Capo Verde), perché volevamo incontrare prima l’Aliseo. E così è stato. Toro, il nostro tattico, è stato egregio. Nella prima parte abbiamo incontrato condizioni quasi Adriatiche con molti salti di vento: raffiche a 40 nodi e poi vento che scemava».
Turni di riposo?
«Facevamo turni di tre ore. Due svegli e due a dormire. Ovviamente tutti svegli nei cambi di vela. Sul finire abbiamo dormito meno per l’eccitazione dell’arrivo ormai vicino. Ci avevano detto che durante una traversata ci si annoia. Beh, noi abbiamo navigato per più di diciotto giorni ma non ci siamo mai annoiati e siamo sempre stati impegnati nella conduzione della barca. Per andare più veloci non abbiamo mai usato il pilota automatico e stavamo in continuazione a regolare le vele. I francesi (la maggior parte dei velisti impegnati in questa regata) sono rimasti sbalorditi dalla velocità con la quale ha viaggiato la nostra barca».
Il momento più difficile?
«Ci sono stati due giorni in cui avevamo il vento dietro di noi in poppa piena. La barca rollava tanto, con il tangone e il boma che finivano in acqua. Era difficile riposare. Con 28-30 nodi di vento e raffiche a 40 non era il caso di tenere su lo spinnaker, col rischio che scoppiasse, per cui cambiavamo spesso le vele. Ma l’equipaggio sapeva il fatto suo e ha dimostrato di essere un gruppo affiatato».
Il mangiare?
«Quando le condizioni lo consentivano ci siamo concessi una buona cucina che fa benissimo al morale... Dal risotto agli spaghetti. A bordo abbiamo portato anche il cotechino, lo zampone, il prosciutto... Quando il tempo era brutto ci siamo preparati delle patate lesse. E naturalmente non poteva mancare la piada. Una scaldatina veloce ed era pronta per rifocillarci!”.

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