Fuoco di Sant’Antonio, fastidioso e doloroso

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Talvolta si sente una piccola scossa sulla pelle, altre volte un leggero prurito come se ci avesse punto un insetto, altre ancora una breve ma intensa fitta di dolore: sono questi alcuni dei primi segnali del Fuoco di Sant’Antonio, un’infezione causata dalla riattivazione del virus Varicella-Zoster. Per saperne di più ne parliamo con il dottor Massimo Innamorato, Direttore dell’Unità Operativa di Terapia Antalgica dell’Ausl Romagna.

Dottor Innamorato, che cos’è il Fuoco di Sant’Antonio?

«Si tratta di un’eruzione vescicolare su base eritematosa, che compare dopo la riattivazione del virus Varicella-Zoster. Questo virus che causa la varicella, rimane latente nei gangli dei nervi sensitivi per moltissimo tempo, addirittura per tutta la vita, per risvegliarsi successivamente in determinate condizioni».

In quali condizioni, per esempio?

«Generalmente si manifesta in tutti quei casi in cui è presente un calo delle difese immunitarie dovuto a malattie che lo riguardano, a un forte stress, oppure all’utilizzo di terapie farmacologiche di immunosoppressione. Di solito, colpisce persone al di sopra dei 60 anni, ma non sono rare manifestazioni anche in soggetti più giovani. In alcuni casi può essere molto debilitante. Le recidive sono poco frequenti, riguardano solo il 4% dei pazienti, ma molti soggetti, in particolare gli anziani, hanno dolori persistenti o ricorrenti nella zona coinvolta anche quando l’eritema si è risolto. In tal caso si parla di Nevralgia post erpetica (NPE), una condizione che può prolungarsi per mesi o anni. Il dolore può rendere ardui persino i gesti quotidiani come lavarsi, vestirsi e ogni genere di contatto con la parte interessata; per esempio anche lo sfregamento con una maglietta appena indossata può produrre dolore».

Con quali sintomi compare il Fuoco di Sant’Antonio?

«I sintomi cominciano con un dolore intenso, persistente, oppure di breve durata, simile a scosse elettriche, ed è seguito a distanza di qualche giorno dalle lesioni che continuano a formarsi per altri 3-5 giorni. Queste alterazioni interessano soprattutto la cute di collo, spalle, dorso e zona toracica; spesso compaiono sia davanti che dietro e scompaiono nel giro di qualche settimana. Il dolore può provocare una sensazione di bruciore e possono essere presenti anche formicolii, prurito e intorpidimento. In alcuni casi, possono comparire sintomi comuni alle condizioni di dolore cronico, come depressione, stanchezza, insonnia, mancanza di appetito, difficoltà di concentrazione, specie se la malattia si protrae per svariato tempo».

Come si cura?

«Non esiste una terapia specifica, il trattamento si orienta sul controllo dei sintomi. Si somministrano degli antivirali, che riducono la gravità e la durata dell’eruzione acuta e anche l’incidenza della nevralgia posterpetica. Per questo è importante intervenire il prima possibile con una terapia che deve durare almeno una settimana»

E per quanto riguarda il trattamento della Nevralgia Post Erpetica?

«I trattamenti comprendonoanticonvulsivanti (gabapentinoidi), antidepressivi triciclici, unguenti a base di capsaicina o lidocaina per via topica e iniezioni di tossina botulinica. Nei casi in cui il paziente lamenti dolore dopo la guarigione delle lesioni e il medico di medicina generale abbia il sospetto di un dolore neuropatico, il percorso clinico va condiviso con il Centro di Terapia del Dolore. Nei nostri ambulatori afferiscono ogni anno in media 60 pazienti con NPE, per la stragrande maggioranza over60 e spesso diabetici. Il virus colpisce, di solito, aree già compromesse, per questo cerchiamo la coesistenza di altre patologie. I maggiori risultati si ottengono con l’applicazione di cerotti di capsaicina (peperoncino) in regime di DH ospedaliero; in alternativa, se questi non dovessero avere l’effetto atteso, si può intervenire con l’impianto di uno stimolatore gangliare, che consiste nel collocare un minicatetere nel ganglio interessato e una piccola batteria che lo alimenta sottocute. Si tratta di una terapia innovativa e mininvasiva, che è in grado di azzerare i sintomi e di migliorare la qualità di vita al 90% dei pazienti che si sottopongono a questo intervento».

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