Fulminacci chiude il "Verucchio music festival"

Sarà il concerto di Filippo Uttinacci, in arte Fulminacci, a chiudere, questa sera, 31 luglio, il Verucchio festival 2021 (alle 21.30 in piazza Battaglini, sagrato della chiesa Collegiata). Romano, classe 1997, Fulminacci si è affacciato sulla scena musicale nel 2019, proprio come un fulmine a ciel sereno. Un’opera prima pluripremiata (Targa Tenco e Premio Mei), “La vita veramente”, in cui ha avuto il pregio di essere riuscito a raccontarsi davvero. Poi, la partecipazione al Festival di Sanremo, il marzo scorso, con il brano “Santa Marinella” ad anticipare il nuovo disco “Tante care cose” (Maciste Dischi). Un album che mantiene le promesse del lavoro d’esordio e svela le anime diverse del cantautore. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per farci raccontare qualcosa di più.

Fulminacci, un disco d’esordio pluripremiato. Soddisfazione a parte, le ha messo anche un po’ di pressione di dover essere all’altezza delle aspettative create?

«La prima cosa che mi sono detto è stata: “che bello”. La seconda cosa è stata: “devo essere all’altezza”. Ci ho pensato molto. Come tutte le persone che scrivono ci tengo all’approvazione altrui, mentirei a me stesso se dicessi il contrario. Però sono contentissimo di questo album e mi piace che il pubblico stia rispondendo bene».

Ha affermato che nonostante l’estrema varietà di “Tante care cose”, nessun brano è figlio unico, cosa li accomuna?

«Il fatto che ogni brano l’abbia scritto io».

Musicalmente ama sperimentare?

«Mi piace addentrarmi in sonorità diverse. Mi piace che in questo disco ci siano due brani come “Le biciclette” e “Canguro” diametralmente opposti tra loro sia come sonorità sia a livello di temi trattati. Per me è una grandissima soddisfazione riuscire a fare cose differenti. Ogni persona del resto ha tante anime diverse».

Una delle sue anime è l’ironia: le piace prestarla alla musica?

«L’ironia è una delle prime cose che guardo in una persona per stabilire se mi piace o no. È un’anima che mi permette di mettermi a nudo».

Non sempre si riesce ad avere il consenso unanime di critica e pubblico: secondo lei qual è il pregio più grande di questi suoi primi due album?

«Io sono il giudice peggiore essendo coinvolto in prima persona. Però credo che sia arrivata l’onestà, quello che sono realmente. Scrivo quello che vivo e sono quello che sono, non c’è un filtro, sono alla pari del pubblico che mi ascolta».

Nella sua musica si respirano certe influenze cantautorali. C’è stato qualche artista su tutti che l’ha folgorata e da cui ha attinto?

«Come si suol dire, quello che mi ha salvato la vita da adolescente, quando tutto il mondo ti sembra brutto e tu sei brutto, è stato Francesco De Gregori. L’ho ascoltato e approfondito tantissimo al liceo. Attraverso i suoi testi e la sua musica, inconsciamente, mi ha formato ed educato. Poi comunque ascoltavo di tutto, ero molto appassionato di musica in generale. Nella mia playlist potevi trovare De Gregori e Salmo insieme ai Beatles».

Cosa ha provato quando ha ricevuto il Premio Tenco?

«È stata un’emozione totalmente inaspettata. Avevo scritto delle canzoni senza neanche sapere che sarebbero state pubblicate. Stavo mangiando con i miei genitori quando ho ricevuto questo messaggio con scritto: hai vinto il Premio Tenco, è stato folle».

Nel video dell’ultimo singolo, “Tattica”, si è cimentato anche nel ballo, come è andata?

«È stata dura perché non avevo mai ballato in vita mia e mi vergognavo anche un po’. Però ci tengo a mettermi in difficoltà, credo sia l’unico modo di imparare le cose che altrimenti non faresti mai e di superare un certo tipo di paure».

Quali sono per lei le care cose?

«Le care cose sono gli aneddoti, i sentimenti, le emozioni, le persone che ho incontrato. Una sorta di filo rosso del disco è il fatto che queste cose siano state vissute da me, l’album parla dei miei due anni passati. La pandemia, una situazione che riguarda tutti, per esempio mi ha portato a capire determinate cose, ho riflettuto sul valore delle serate in compagnia degli amici. Ho imparato ad apprezzare di più i valori elementari ed empatici come l’emotività».

Adesso cosa si aspetta?

«Spero di fare questo lavoro per sempre. La musica è la prima cosa su cui mi sono voluto impegnare veramente nella vita dando il 100%. Ho voglia di imparare, di arrivare ad avere, un domani, uno studio mio, insomma i sogni sono tanti».

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