Rimini, non impara il Corano: frusta il figlio con il caricabatteria

Dal 2012 al 2020 ha preso a frustate il figlioletto affetto pure da una malformazione congenita con i cavi del caricabatteria o le fascette usate per legare i cavi. La colpa del bambino? Non riuscire ad imparare a memoria i versi del Corano recitati in arabo, lingua non parlata in casa e che per questo non era in grado di capire. Ieri mattina il padre-padrone, un 46enne originario del Senegal che per giustificare con l’ex moglie e il bambino la punizione ogni volta ricordava come «mia madre mi dava con un bastone di albero e mi lasciava il segno... il segno sul corpo andava via ma in testa rimaneva ed io imparavo... io devo insegnarti l’educazione, non voglio un figlio maleducato”», giocoforza ha “scoperto” che i suoi metodi educativi per la legge italiana sono considerati maltrattamenti in famiglia aggravati dalla minore età della vittima. Un reato da cui dovrà difendersi davanti al Tribunale di Rimini a partire dal prossimo 15 settembre. Glielo ha spiegato bene ieri mattina la giudice Benedetta Vitolo che ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio fatta dal pubblico ministero Davide Ercolani. La Gip ha anche accolto la costituzione di parte civile per conto del ragazzino non ancora 14enne presentata dalla mamma attraverso l’avvocato Martina Montanari. L’imputato, invece, si è presentato in udienza assieme alla nuova compagna con cui ha avuto un secondo figlio assistito in aula dall’avvocato Viviana Pellegrini. La prima udienza si terrà il prossimo 15 settembre.

Un incubo senza fine

Nove anni, giorno più giorno meno. Tanto è durato il calvario del bambino con cui il papà, si legge nel capo d’imputazione teneva «costantemente atteggiamenti vessatori, offensivi, denigratori “sei uno stupido, un incapace, un imbecille”». Uno stato costante di umiliazione e soggezione psicologica che il padre-padrone contribuiva ad aggravare sottolineando come tutti gli altri bambini fossero meglio di lui. A mettere in moto l’indagine la segnalazione fatta dall’ospedale dove il bambino era andato per curare un altro problema.

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