Francesco Gabellini esordisce nel romanzo con "Ogni ferita"

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Recente vincitore del prestigioso Premio Pascoli nella sezione della poesia edita in dialetto, Francesco Gabellini esordisce ora nel romanzo con “Ogni ferita” (Scatole Parlanti). Il volume sarà presentato dall’autore in anteprima nazionale, con il patrocino del Comune di Riccione, il 17 settembre alle 18 a Villa Lodi Fé (in caso di maltempo alla Biblioteca Comunale).

Una vicenda ambientata negli anni Sessanta, in una città del Nord Italia. I giovani protagonisti, in dissidio con le famiglie d’origine che non sono state in grado di superare le divisioni del passato e gli orrori della guerra, si trovano a fare i conti con una difficile eredità che impedisce loro di realizzarsi liberamente dal punto di vista sociale e sentimentale.

Gabellini, romanzo, racconto breve o cosa?

«Intorno al nucleo di una idea narrativa cerco di costruire una storia, questo mi piace e mi stimola nella scrittura. La mia misura è spesso quella del racconto, poiché finora non ho mai trovato la disposizione mentale necessaria per la costruzione di una narrazione più distesa, che richiede un’architettura più solida e una diversa forma di pensiero e di esposizione. Nel caso di “Ogni ferita” erano diverse le idee che confluivano a creare una unica storia e quindi il racconto si è allungato, ha preteso durante la sua stesura una suddivisione in paragrafi ed è diventato quasi un romanzo, anche se breve: un romanzo breve, appunto».

Una domanda pare essere al fondo delle vicende dei vari personaggi: esiste la felicità? Fino a che punto la sua ricerca appare impari rispetto al dolore e alla morte?

«Ritengo la domanda se sia possibile essere felici una necessità indotta, più legata alla nostra contemporaneità. Qui, piuttosto, i personaggi si pongono una questione più vitale, ontologica, chiedono cioè di poter esistere, di poter avere una propria vita autonoma e indipendente dalla pesante eredità lasciata dai loro genitori. Questa ricerca rende il giovane protagonista della storia molto concreto ed essenziale, diretto al suo elementare scopo, quello di poter essere se stesso, non il figlio di un eroe di guerra, non la vittima di un regime, ma un giovane uomo, con la possibilità di amare chi vuole. È la storia di un amore impossibile, perché i due protagonisti provengono da famiglie con una storia posta su fronti molto distanti, che in passato ha prodotto violenze e soprusi quasi difficili da raccontare e che, infatti, sono rimasti occulti e pertanto, non elaborati, mai vissuti».

Anni Sessanta, tra echi di rivolta e terrorismo e un dolore che spesso si impersonifica in una sorta di debito da pagare al passato, ai propri padri, alla memoria della guerra e dell’orrore.

«L’essenzialità e quasi rudezza nei modi della ricerca del protagonista si rispecchia anche nello stile della narrazione che, come puntualmente sottolinea nella sua nota di presentazione Michele Marziani, non concede sconti, va dritta al cuore delle questioni, non si sofferma troppo in descrizioni e ricami, cerca di non cedere a tentazioni estetizzanti. Spesso gli eventi raccontati nel romanzo fanno capo ad alcuni passaggi biblici, parole profetiche che continuano a rimbalzare nel tempo, come quelle del profeta Geremia quando dice: “I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati”, da cui prende le mosse l’intera narrazione di “Ogni ferita”.

Di questo sono metafora il mattatoio e il dolore che accomuna uomini e animali, scannati appunto come bestie?

«Il fatto che il giovane protagonista abbia ereditato dal padre anche il lavoro di macellaio al mattatoio non so quanto possa essere metaforico; di certo mette a confronto la vita degli uomini con quella degli animali e la crudezza di una morte che può apparire necessaria, anche se estremamente violenta, anche se disumana».

Il suo “Nivère”ha ricevutoil Premio Pascoli

Il Premio Pascoli è promosso dagli industriali di San Mauro riuniti nell’associazione Sammauroindustria. Due le sezioni del concorso: in quella in lingua (1000 euro) il premio è andato a Roberto Deidier con il volume “All’altro capo” (Mondadori, 2021). Sono state 28 le opere che hanno preso parte da tutta Italia alla sezione in dialetto.

Dopo averle vagliate, la giuria ha ristretto la rosa a sei finalisti, e premiato a maggioranza il riccionese Francesco Gabellini per l’opera “Nivère” (Raffaelli editore, 2021). Questi i segnalati: Maurizio Casagrande, Nelvia Di Monte, Franca Grisoni, Claudio Pasi, Gabriele Alberto Quadri, Lorenzo Scarponi.

La giuria all’unanimità ha deciso di assegnare una menzione speciale a Gabriele Alberto Quadri per la raccolta “On altro mòond” (Armando Dadò, 2020).

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