Franceschini presenta il suo libro a Lugo, Cesenatico e Cattolica

Cultura

RIMINI. Quattro inseparabili ex compagni di scuola sessantenni incorreggibili. La riviera romagnola fuori stagione. Una donna misteriosa che il mare deposita sulla spiaggia. Da martedì il tour romagnolo di Bassa marea, la commedia-giallo del giornalista e scrittore Enrico Franceschini su amicizia, amore, vizi segreti della provincia e seppioline al pomodoro. Il 26 alle ore 21 sarà a Lugo nel salone Estense della Rocca, con Daniele Serafini; il 27 dalle 18 a Cesenatico nella galleria Leonardo con Alessandra Senni; e il 28 dalle ore 18 a Cattolica nella libreria Ubik, con Stefania Parmeggiani di Repubblica. Lo chiamiamo mentre è a Londra, dove vive.
Franceschini, dopo i gialli di Enrico Brizzi e Gino Vignali, anche lei indaga sulla Romagna… È tornata di moda sul piano letterario dopo la stagione d’oro di Tondelli?
«Non credo sia mai passata di moda. Ha avuto una pausa dopo Tondelli, ma è subito tornata di moda con Carlo Lucarelli. Come dice lui, in Romagna arrivano tante cose che scivolano lungo la via Emilia: il bene, il male. C’è troppa roba in Romagna perché passi di moda!».
Perché nel sottotitolo si parla di grande Lebowski?
«Il protagonista è un vecchio giornalista sessantenne in pensione che torna a casa: ha pochi soldi, solo due o tre amici ed è disincantato dopo aver girato tutto il mondo. Affronta la vecchiaia con serenità, ma…».
I quattro amici del suo romanzo in fondo sono dei vitelloni 3.0. Lei che ha 63 anni ed è loro coetaneo, cosa ha vissuto in prima persona del vitellonismo romagnolo, visto che ne era un assiduo frequentatore da giovane?
«L’ho vissuto sì, a parte le frequentazioni cinematografiche come “Amarcord”, basta dirne una: all’epoca avevamo tutti un cappotto di cammello come il protagonista de “L’ultima notte di quiete” girato a Rimini. Anche se non eravamo Alain Delon!».
Chi sono i tre moschettieri della dedica del libro?
«Sono appunto gli amici, perché questo è un romanzo dedicato alla Romagna, è giallo, ma è anche il racconto di una grande amicizia: tutti per uno… E l’unicum per tutti è che i romagnoli riescono a parlare di cose leggere in maniera serissima e di cose serie in maniera leggerissima, come i veri amici».
Lei suggerisce per ogni capitolo anche la colonna sonora adatta, come fosse già una fiction o un film. C’è qualche progetto?
«Beh sì, è stato pensato come una commedia, vedremo se andrà in teatro, in tv o al cinema».
Su Facebook e Youtube spopola la serie “Romagnoli dop” di Paolo Cevoli, vero condensato della romagnolaggine. Lei non crede che se Boris Johnson (primo ministro inglese) avesse passato qualche estate in Romagna avrebbe rinunciato alla Brexit?
«Credo che avrebbe rinunciato perfino alla politica! Sarebbe stato un comico, anche se Cevoli fa ridere di più…».
Rimini e la Romagna però non hanno avuto sempre una gran fama: il divertimentificio di plastica, la droga, la prostituzione… De André non è che ne parlasse benissimo nella sua “Rimini”…
«Sì, ma per me la Romagna resterà per sempre la terra dove è stato realizzato il sogno della vacanza a basso costo. Certo, qui può succedere di tutto, dal meglio al peggio, ma è questo il suo bello. Io comunque ci ho passato la mia infanzia e quella di mio figlio, per noi è magica».
C’è anche un notevole risveglio culturale: il teatro Galli, il Museo Fellini. Se ne ha sentore a livello nazionale e internazionale?
«Certo che si percepisce, vedo che arrivano tanti turisti anche fuori stagione e gli aerei che atterrano a Rimini aumentano. Mi piace tantissimo poi che il sindaco Gnassi ci mandi i messaggini con le novità culturali della città. Una lezione per tanti, anche in termini di comunicazione».
Ci sta pensando alla Romagna per il suo buen retiro della vecchiaia?
«Intanto mando avanti il protagonista del mio romanzo che è parecchio autobiografico. Ora vivo a Londra ma se dovessi decidere di tornare in Italia, certo prenderei casa in Romagna, dove ne ho già avuta una in passato. E poi dove, se non qui?».

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