Tifosi violenti fuori dal palafiera, la Cassazione blocca le condanne

Forlì

Processo d’appello da rifare per i 5 tifosi riminesi (rimasti in 4 perchè uno nel frattempo è deceduto) arrestati dopo gli scontri all’esterno del Palafiera il 20 marzo 2016 in occasione del derby di basket di serie B tra Forlì e Rimini. Lo ha stabilito la Cassazione accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Riccardo Luzi di Cesena che tutela i tifosi. Anche se ora il procedimento è a rischio prescrizione.

Il fatto

I supporter, quattro riminesi e un novarese (tifoseria vicina a quella riminese) era stati bloccati quella domenica sera del 20 marzo 2016. Gli arrestati erano stati fermati mentre tentavano di avvicinarsi al palazzetto dello sport dove si stava svolgendo l’attesa sfida tra Forlì e Rimini del campionato di basket di serie B. Lo spiegamento delle forze dell’ordine aveva impedito il contatto tra le tifoserie, così i sostenitori riminesi, molti dei quali di ritorno dalla trasferta a Prato a seguito della squadra di calcio, se l’erano presa con polizia e carabinieri. Tre agenti erano rimasti feriti ed erano stati medicati al Pronto soccorso. Per i cinque tifosi scattarono i Daspo e il processo penale che in primo grado aveva portato a condanne fino a un anno e 8 mesi per le accuse di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali a pubblico ufficiale, oltre alle violazioni degli articolo 4 della legge 110/1975 (possesso di oggetti atti ad offendere) e dell’articolo 6bis legge 401/1989 (travisamento del volto).

Il contenzioso

Già nel processo in primo grado l’avvocato Luzi aveva fatto richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova degli imputati. Il giudice monocratico di allora Floriana Lisena aveva rigettato la richiesta sostenendo che il tipo di reato contestato non lo consentiva. Il processo è quindi proseguito fino alle condanne. L’avvocato di difensore aveva presentato appello, trattato a novembre del 2022 e rinnovato la questione alla corte della messa alla prova, sostenendo l’illegittimità, nullità della ordinanza per violazione ed erronea applicazione di legge ed erronea motivazione con conseguente riverbero della nullità/illegittimità della sentenza di primo grado. I giudici avevano la questione per quanto riguarda il titolo del reato, evidenziando però i presupposti soggettivi per la richiesta di messa alla prova che tuttavia sarebbe stata preclusa o rispetto alla quale comunque errava procedimentalmente, valutazione che secondo il legale degli imputati non erano di sua pertinenza in quanto non oggetto della sentenza di primo grado.

La conclusione

L’avvocato Luzi ha quindi presentato ricorso in Cassazione, discusso il 7 marzo: la sentenza dei giudici stabilisce l’annullamento della sentenza della Corte d’appello con rinvio a una nuova sezione a Bologna per rifare il processo in secondo grado. Il procuratore generale aveva chiesto il rigetto della richiesta, che invece è stata accolta. Con un caso ormai prossimo alla prescrizione.

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