Scoprire il rischio morte cardiaca improvvisa con una risonanza al cuore: la ricerca a Forlì

Predire con una risonanza magnetica al cuore il rischio di infarto e morte improvvisa. E’ la ricerca portata avanti dagli specialisti dell’ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì, i cui risultati finora sono stati presentati di recente al congresso della Società europea di cardiologia, ospitato a Madrid dal 29 agosto all’1 settembre. Si tratta di “uno tra i più importanti appuntamenti internazionali del settore - sottolinea l’Ausl Romagna- che attrae ogni anno migliaia di specialisti da tutto il mondo e rappresenta un appuntamento fondamentale per la presentazione delle nuove linee guida cliniche cardiologiche di riferimento per la comunità medica”. La delegazione della cardiologia universitaria di Forlì, diretta da Carmine Pizzi e composta anche da specializzandi e dottorandi, ha presentato numerosi lavori di ricerca su: infarto miocardico acuto, sia sul versante diagnostico che terapeutico, con attenzione all’infarto a coronarie indenni; diagnosi e gestione dei tumori cardiaci; sviluppo e applicazione di tecniche di imaging cardiaco avanzato, anche nell’ambito di collaborazioni internazionali. In particolare, il dottor Damiano Fedele ha illustrato appunto la ricerca sul ruolo della risonanza magnetica cardiaca, utilizzata per stratificare la prognosi nei pazienti con cardiomiopatia non ischemica.
“Lo studio - spiegano i medici di Forlì - ha fornito gli elementi per aiutare a capire quali pazienti con cardiomiopatia non ischemica sono a rischio di morte cardiaca improvvisa e a quali occorre fornire una protezione mediante defibrillatore, tramite l’utilizzo di parametri avanzati e score derivata della risonanza magnetica cardiaca”. La ricerca cardiologica, afferma Pizzi, “è fondamentale non solo per far progredire le conoscenze, ma soprattutto per migliorare l’assistenza clinica al malato cardiologico. Partecipare al Congresso europeo significa confrontarsi con le eccellenze internazionali ed è anche un’occasione preziosa per rafforzare la rete scientifica e continuare a migliorare la qualità delle cure offerte ai pazienti. Credo profondamente in questo impegno per la nostra unità operativa”, conclude il primario.