Scintille su aeroporto, sanità, università fra i sindaci romagnoli

Forlì

FORLI'. Alla fine hanno cantato insieme “Romagna mia”, tra l’odore delle griglie appena spente e le bandiere del Pd alla festa dell’Unità di Borgo Sisa, ma fino a poco prima le scintille erano scoppiate su più di uno degli argomenti che riguardano il presente e il futuro per molti aspetti già comune a tutti e quattro i capoluoghi romagnoli. Gianluca Zattini per Forlì, Michele De Pascale per Ravenna, Enzo Lattuca per Cesena, Andrea Gnassi per Rimini, i quattro sindaci della Romagna intera, hanno parlato sì della volontà condivisa di cominciare a scendere ciascuno dal proprio campanile, o magari a salire proprio in cima per guardare meglio la Romagna come una sola. Ma quando ci si cala nelle questioni, una a una, quella stessa volontà un po’ vacilla ancora, e non dipende dalla bandiera di partito, che per tre di loro è la stessa e solo il forlivese Zattini gioca fuori casa, ma proprio dal solito campanile.


Aeroporti romagnoli
I due aeroporti ad appena 50 chilometri di distanza in linea d’aria, quello di Forlì “da fare” e quello di Rimini “da mantenere”, sono il primo terreno sul quale si prova a non scivolare. Il feeling fra il sindaco di Forlì Zattini e quello di Rimini Gnassi però proprio non scatta. «Venerdì (oggi, ndr) incontrerò a Forlì il sottosegretario Stefano Candiani e la società concessionaria per capire quale sia stato l’intoppo burocratico con Roma sull’assegnazione dei vigili del fuoco, e per sbloccare la situazione» dice Zattini, che esclude che si riesca a riaprire lo scalo entro l’autunno e guarda piuttosto al 2020. Poi chiarisce quello che lo scalo forlivese dovrebbe diventare: «Abbiamo una storia aeronautica importante, di formazione legata al volo, c’è un tecnopolo aeronautico e una specializzazione sulla manutenzione, abbiamo la facoltà di ingegneria, dobbiamo lavorare su questo, pensando che avrà una ricaduta enorme su tutto il territorio romagnolo». Gnassi lo mette in guardia: «Non pensare che basti un regalo del governo amico, se negli aeroporti si infila la politica è la fine. Tanto se poi i passeggeri non arrivano l’aeroporto non va. È il mercato che decide. Se poi ci si fa concorrenza sui contributi alle compagnie aeree per farle venire nel proprio aeroporto, non rientri più degli investimenti». Zattini abbozza il suo unico “sono d’accordo con Gnassi”: «Il nostro aeroporto non potrà vivere di low cost» e sulla “vocazione” anche Gnassi apprezza: «Altrimenti il rischio è che ci ritroviamo una nuova struttura efficiente, e poi arriva Bologna e se la prende». Il sindaco di Cesena media: «L’aeroporto migliore per la Romagna sarebbe quello con il know how di Forlì, e l’attrattività di Rimini – dice Lattuca –. Non voglio parteggiare, ma spero che la selezione del mercato non generi un difetto competitivo e alla fine impedisca a entrambi di fare un passo avanti». Chiosa Gnassi: «Dobbiamo decidere di fare della battaglie non su tutto, ma su alcune cose comuni per essere più forti in una relazione con Bologna e col governo nazionale qualunque esso sia. Questa è la testa nuova da mettere in Romagna».


E45, ipotesi pedaggio
Ma il tema infrastrutture è caldo anche se si parla di asfalto e non di spazi aerei. Il fardello del sindaco di Cesena è l’E45. «Non ho dubbi sul fatto che l’architrave della viabilità romagnole sia l’incrocio A14-E45, per collegare le nostre 4 città fra loro ma per collegarle anche al resto d’Italia –ragiona Lattuca –. Aldilà del grande danno causato da quello che è successo al viadotto Puleto, il fatto è che l’E45 oggi non è più adeguata per la funzione. Per adeguarla, e completare lo snodo che colleghi anche il porto di Ravenna, l’ipotesi pedaggio a questo punto non si può più escludere». Almeno, secondo Lattuca, per quanto riguarda i lunghi tratti». Zattini dice che per l’interruzione dell’E45 «oggi ci sono aziende che perdono 2000/3000 euro al giorno», Gnassi rincara: «È un problema anche di Rimini, non c’è alternativa per andar dall’altra parte dell’Appennino se non via Bologna». Poi sulle “sue strade” aggiunge: «Mi vergogno delle condizioni medievali della statale per San Marino, e di dover lavorare sulla Statale 16 una delle infrastrutture più pericolose d’Italia».


Ravegnana
Per Forlì e Ravenna, mentre Cesena e Rimini su questo restano un po’ più spettatori, c’è poi anche il nodo Ravegnana da sbrogliare, chiusa ormai da un anno dopo il crollo della diga di San Bartolo. «C’era una voragine scavata dall’acqua del fiume sotto quel tratto, senza tre milioni di euro di lavori si correva il rischio che la tragedia si ripetesse» dice De Pascale annunciando la riapertura imminente. Però l’interrogativo resta: cosa fare di quella strada, l’unica diretta tra Forlì e Ravenna. «Abbiamo chiesto insieme, Ravenna e Forlì, all’Anas di studiare due ipotesi, quella che a mio giudizio ha più speranze è quella di lavorare in sede con varianti nei paesi, sistemare le curve più pericolose e allargare la carreggiata nei punti più difficili. Poi stimare il costo di una nuova Ravegnana a sinistra del fiume. Da Forlì c’è una terza ipotesi, unire Forlì con l’E45 e poi sfruttare questa per raggiungere Ravenna, ma è poco utilizzabile dai residenti delle Ville Unite ravennati. Conoscendo i miei polli propendo per un investimento certo di qualche decina di milioni di euro che migliori la Ravegnana che c’è». «Piuttosto che niente è meglio piuttosto –risponde alla romagnola Zattini –. Che si segua la soluzione più percorribile. Se si invece si parla di nuove strutture bisogna capire anche l’impatto sulle comunità che questa attraversa». De Pascale annuisce.


Turismo
Alla voce turismo si ricompone la collegialità di umori e di intenti. Il sindaco di Rimini nel campo fa scuola, quello di Ravenna lo loda «per come ha cambiato volto alla sua città che ora non attrae più solo per la spiaggia». «Non esiste una strategia nazionale sul turismo, perché non viene considerata un’industria, tant’è che in Italia abbiamo rottamato tutto ma nulla si è fatto per rinnovare l’impresa turistica, tranne che in Emilia Romagna – attacca Gnassi –. La Romagna deve andare nel mondo, per farlo deve puntare su nomi riconoscibili all’estero come il Rinascimento, Dante, Fellini, i mosaici di Ravenna. Creare dei prodotti come i bike hotel per i tedeschi, e può farlo solo delegando pezzi di sovranità territoriali». «Ognuno deve sapere che ruolo può avere nella partita, Cesena ad esempio può mettersi in campo per la logistica»; Forlì ha le mostre del san Domenico, che ne hanno modificato negli anni un pezzo di identità Ravenna a questo si è anche adeguata, ammette de Pascale, spiegando che ora Ravenna sposta le proprie mostre in autunno proprio per non sovrapporsi a Forlì, «come d’altra parte sulla stagione operistica non si è messa in concorrenza col nuovo e bellissimo teatro Galli di Rimini». A proposito di nomi il 2020 sarà quello di Fellini, e dunque Rimini detterà la linea. Ma il 2021 sarà l’anno di Dante, e toccherà a Ravenna.


Università e sanità
Ultima e alla fine più incandescente, la discussione che ha unito Università e sanità. Michele De Pascale fresco di nomina a presidente della conferenza dei sindaci che fanno riferimento all’Ausl unica Romagna, punta l’attenzione sulla crisi dei medici. «Di qui a breve non ce ne saranno abbastanza, dobbiamo formarne 300 in più all’anno per garantire nel futuro prossimo assistenza alla popolazione. Cento potrà formarli Bologna, altri duecento la Romagna». Portare l’Alma mater ad aprire una scuola di Medicina a Forlì è stato uno dei cavalli di battaglia della recente campagna elettorale di Zattini. Ma anche Ravenna ambiva già, e poiché servono molte risorse, i due sindaci fanno ben capire che le città si sono parlate. È qui che Rimini scatta: «Se mi va bene l’aeroporto di Forlì, perché non ragioniamo con una sola testa anche dell’Università? Sono poco diplomatico: si parlerà di riorganizzazione quando si andrà a Bologna con la testa romagnola su tutto, non si fa come accade ora che solo Ravenna e Forlì vanno a parlare con Bologna perché hanno i soldi delle fondazioni bancarie per finanziare il progetto». «Se l’arrivo di Medicina genera una dinamica sperequativa sulle eccellenze sanitarie presenti nei vari territori allora stop. Le bevute vanno messe in pari subito», si affianca Lattuca. Poi Gnassi si arrabbia ancora di più quando Zattini chiede che l’Istituto di ricerca oncologica Irst di Meldola venga finalmente integrato come hub di riferimento nel sistema sanitario romagnolo. «L’Irst è troppo di Meldola, a Rimini è più comodo andare a Bologna – sbotta Gnassi, che molto probabilmente si sta rivolgendo soprattutto al collega di Ravenna che la conferenza sanitaria la presiede –. Ed è privata, non possono essere i privati a dettare l’agenda alla sanità pubblica».

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