Una donna guida il palazzo di giustizia. «Maggiore apertura, collaboriamo con tutti»

Forlì

FORLÌ. Il Tribunale di Forlì ha la sua prima presidente donna. Si è insediata al secondo piano del palazzo di giustizia di piazzale Beccaria, Rossella Talia, 65 anni, nata a Bologna ma residente a Rimini, dove ha svolto la carica di presidente del Tribunale dal febbraio 2009 al 2017. Studi all’Università di Napoli, sposata con un magistrato, due figli, per Rossella Talia l’incarico al Tribunale di Forlì è un ritorno al passato. «Ho iniziato la mia carriera come giudice civile a Forlì nel settembre 1979, con due faldoni della società del gas di Cesena. A quei tempi facevo anche gli appelli del Pretore del lavoro. Sono rimasta fino al luglio 1985, poi sono andata a Rimini, dapprima come pretore con funzione anche penale: svolgevo anche attività di indagine, è stato molto formativo. Dal 2002 sono stata presidente di sezione e dal 2007 presidente del Tribunale».

Ha già notato differenze tra Forlì e Rimini?

«Sono sicuramente diverse: Rimini è un unicum in regione forse in Italia. Si trovano estremi nel bene e nel male. Nel mio lavoro abbiamo dovuto fare i conti con i tentativi di infiltrazione mafiosa nella gestione dei locali, oppure le infiltrazioni nei rapporti verso San Marino. Forlì è differente, anche se la conosco ancora poco: più chiusa, la gente preferisce stare in casa o nei circoli piuttosto che in strada come a Rimini; ho visto poche persone la sera in piazza Saffi. Sarà anche che non c’è l’influsso del turismo o dei convegni dedicati che fanno parte della vita economica di Rimini. Credo che Forlì abbia bisogno di un volano per l’economia. Poi ci sono eccellenze come l’ospedale “Morgagni-Pierantoni” e le mostre del San Domenico».

È possibile far conoscere il Tribunale non come luogo del quale avere timore?

«A Rimini abbiamo organizzato la Giornata europea della giustizia per far vivere ai ragazzi l’esperienza della presa di coscienza delle proprie azioni, insegnando la responsabilità civile e penale dei comportamenti. È importante parlare della legalità. La gente deve avere una visione diversa del palazzo di giustizia, non come il luogo della patologia, ma anche della vita, della promozione dei diritti e della famiglia. Dobbiamo aprire il Tribunale, un cammino che riguardi l’Università, il confronto con l’avvocatura. Collaboriamo con tutti. Qui ho trovato magistrati preparati, volenterosi, non sempre è scontato. Il presidente di un Tribunale deve presidiare e se c’è qualcosa che non va intervenire».

Al centro della discussione spesso la necessità della certezza della pena.

«Il presidente del Tribunale fa politica giudiziaria. Sappiamo che le risorse sono scarse e nel mio ruolo posso scegliere di investirle in materie dove vedo ci siano carenze, sempre rispettando i ruoli dei giudici. Oggi ci sono leggi che restringono l’uso della misura cautelare in carcere. Bisogna tener presenta anche la realtà sociale che viviamo. La sfida della politica è quella di dare lavoro, come dice la Costituzione, e io credo fortemente nella Costituzione. Ci sono altri metodi, dal braccialetto alla rieducazione. La certezza della pena significa riuscire a fare processi in tempi rapidi e Forlì da questo punto di vista è messa bene».

All’interno del palazzo di giustizia ha già visto situazioni sulle quali intervenire?

«Il palazzo è bello, ma non accogliente. Voglio mettere l’aria condizionata nelle aule perché non è possibile che persone si sentano male durante un’udienza estiva. E poi punterò sul maggiore decoro: vedo, ad esempio, gommapiuma che esce dalle sedie delle aule, non è un bel vedere».

Sul fronte organico?

«Andranno in pensione alcune persone, altre saranno trasferite, ci sono un paio di maternità. Carenze di organico ci sono, ma ho visto una buona organizzazione. D’altra parte c’è una domanda di giustizia sproporzionata rispetto alle risorse disponibili. Nel settore civile abbiamo delle mancanze cui sopperiremo con magistrati onorari o chiedendo di più a qualche collega. Qualcosa faremo».

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