L'oncologo di Forlì: "Nuovi inceneritori? Non è una soluzione ipotizzabile"

Forlì

FORLÌ. «Nuovi termovalorizzatori? E’ una “salvinata”. Fare nuovi termovalorizzatori vorrebbe dire tornare indietro di vent’anni. L’ultimo gradino è la discarica, il penultimo sono gli inceneritori che comunque non evitano la discarica perché producono ceneri che poi vanno stoccate a loro volta in qualche impianto». Ruggero Ridolfi è l’oncologo dell’Isde che, assieme alla collega Patrizia Gentilini, ha coordinato il biomonitoraggio condotto tra il 4 marzo e l’8 aprile 2017 a Forlì prelevando campioni di unghie di bambini alla ricerca di metalli pesanti per mappare l’inquinamento nelle aree urbane di Forlì.

«Da un lato ci si lamenta delle temperature che aumentano e dell’inquinamento e dall’altra parte chiediamo di fare inceneritori. Che comunque hanno bisogno di sette o otto anni prima di funzionare. Non credo che la soluzione sia pensabile - ragiona Ridolfi -. A Forlì, ad esempio, i Cinque stelle avevano detto: se vinciamo noi chiudiamo l’inceneritore il giorno dopo. È chiaro che è una sciocchezza. Non si può. Ma bisogna arrivare a diminuire il quantitativo di rifiuti da bruciare. Bisogna arrivare alla chiusura degli impianti per gradi. Ma poi, termovalorizzatori? Cosa valorizzano? Consumano molto di più di quello che producono».

Nello studio coordinato da Ruggeri il risultato dichiarato è che le due zone della città dove sono presenti le imprese produttive, l’autostrada e i due inceneritori, la presenza di sostanze inquinanti riscontrabili nelle persone è ampiamente maggiore rispetto alle altre aree urbane. «Non era partito come uno studio vero e proprio, poi la raccolta è stata di 236 campioni di unghie di alluci di bambini tra 6 e 9 anni inviati al laboratorio Eurolab di Torino, così abbiamo fatto una notifica al comitato etico perché si configura come studio osservazionale. Le due aree a nord ed est della città vedono la presenza di due inceneritori e guardando la concentrazione globale nelle unghie dei ragazzi ci si accorge che c’è un 60% in più di metalli pesanti: piombo, manganese, nichel, rame, zinco, alluminio, cobalto e anche tracce di uranio. Alcuni di questi, come nichel, cadmio e cromo sono considerati cancerogeni, altri comunque sono tossici. Poi abbiamo riscontrato che altri metalli essenziali, perché presenti naturalmente nel corpo, come ferro e cobalto, qui avevano però dosaggi più pesanti». g.b.

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