«I ragazzi hanno perso il senso della sacralità della vita». Commenta così, un’insegnante ormai in pensione, il caso del 14enne di Ravenna che ha accoltellato i genitori nel sonno, tentando di ucciderli. Dopo 40 anni passati alla cattedra nelle scuole superiori del Riminese, accetta di parlare al Corriere Romagna che, alla luce della sua lunga esperienza, le chiede un parere sull’evoluzione dei nostri adolescenti in questi ultimi decenni. Accetta, ma chiede l’anonimato. «Ormai sono fuori dalla scuola - spiega - ma non vorrei che le mie riflessioni generali venissero prese come questioni o critiche personali»
Professoressa, perché tanta violenza tra i giovani?
«La vita umana è stata così svalutata che basta un rifiuto per uccidere la propria fidanzatina o i familiari, anche se il mondo ci vede come il classico bravo ragazzo della porta accanto».
Ravvisa responsabilità in questo calo di valori da parte delle principali agenzie di formazione?
«La vera tragedia è che non esistono più luoghi dove crescere. Il nervo scoperto con cui fanno i conti le nuove generazioni è che non esistono adulti degni di questo nome. I genitori sono eterni Peter Pan, del tutto assenti, pronti a intervenire a suon di avvocati solo per difendere l’indifendibile. Viste di spalle, non si distinguono più le madri dalle figlie. Serpeggia un terrore tale di invecchiare da rendere impossibile crescere. Il paragone più calzante per il genitore medio è quello con un operaio che passasse più volte su una strada, al volante dello spazzaneve, laddove non è caduto neppure un fiocco provocando danni all’asfalto e paralizzando la viabilità. I figli, in sostanza, sono un peso da anestetizzare e sin dalla culla la baby sitter più economica coincide con cellulari o tablet. Non esistono più neppure sacerdoti in grado di educare: tra scandali di pedofilia e emorragia di vocazioni, restano a debita distanza, proprio come i pediatri che non sfiorano più i pazienti. Ormai i ragazzi chiedono consigli all’IA che, se non altro, regala loro l’illusione dell’ascolto. Batosta finale? Anche la scuola è in crisi».
Perché?
«Perché i docenti, già sminuiti, demotivati e malpagati, sono strozzati dalle scartoffie e da riunioni tanto numerose quanto del tutto inutili. Uno scenario, che costituisce già un Requiem, a cui si aggiunge il terrore delle famiglie vivendo sotto costante minaccia di avvocati e ricorsi a ogni alito di vento. Ho conosciuto colleghi che sprecano tempo a rileggersi il registro (prima cartaceo e poi elettronico) per renderlo a prova di qualsivoglia contestazione. In troppi, infine, sono a caccia dell’agognato posto fisso dove mettere radici, anzi marcire, senza lodi né infamia come uno “statale medio”, mentre la passione per il proprio mestiere resta imprescindibile».
In quattro decadi davanti alla lavagna, quale tra i cambiamenti notati la spaventa di più?
«La totale anaffettività dei ragazzi, la perdita di attenzione ma soprattutto di interesse oltre alla mancata gestione delle emozioni che, in mancanza dell’hic et nunc, si traduce in rabbia e sfocia in violenza».