Indagine della Fondazione Coscioni: carcere di Forlì vetusto, sovraffollato e con problemi di organico

Il sovraffollamento e le condizioni di vita sono sempre più difficoltose per i detenuti del carcere di Forlì, allestito in uno spazio vetusto come quello della Rocca di Caterina Sforza. Le condizioni estreme in cui versa la struttura, però, si riflettono anche sugli agenti della Polizia Penitenziaria, che soffre una carenza cronica di personale già da tempo. Secondo i dati pubblicati dal sito indipendente del giornalista Marco Dalla Stella e dall’indagine della Fondazione Coscioni, nella Casa Circondariale di via della Rocca ci sono 158 detenuti a fronte di 133 posti disponibili (comunque 11 in meno rispetto a quelli previsti che dovrebbero essere 144). Insomma, il tasso di sovraffollamento è pari al 119%. «Sono dati preoccupanti sia per i detenuti che per lo stesso personale - afferma il segretario della Fp Cgil Forlì-Cesena, Mirko Masotti -. Un carcere dentro una struttura medioevale non può avere le caratteristiche idonee, soprattutto quando sono detenute anche persone con disagi psichici. Tra le criticità tangibili ci sono uffici e spazi destinati alla detenzione non climatizzati e una sezione che è stata dichiarata inagibile a causa di infiltrazioni. E’ importante, quindi, arrivare al completamento del nuovo carcere al Quattro, struttura pensata per 250/300 detenuti». Stando ai numeri, sono 116 le stanze disponibili con una media di 1,36 detenuti per cella. Non solo, a Forlì si sconta anche una carenza di organico della Polizia Penitenziaria (sono 100 le unità in servizio contro le 120 previste, in altre parole il numero di agenti per detenuto è pari a 0,63). «Da tanto denunciamo una carenza cronica di una ventina di unità - prosegue il segretario Fp Cgil Forlì-Cesena -, una condizione che purtroppo si riverbera sulla sicurezza e sul servizio. Il personale ci mette l’anima e si ricorre spesso all’uso degli straordinari, così come si fa più fatica ad usufruire di ferie e permessi pur di garantire il servizio». Da qualche tempo a questa parte è evidente anche una criticità dal punto di vista del personale sanitario. «L’infermeria interna in questo momento non sta vivendo il suo miglior momento - conclude Masotti -. Anche dentro al carcere paghiamo la carenza di medici specialisti. Questo comporta il ricorso alla guardia medica, mentre per i casi più gravi viene chiamato il 118. La chiamata dell’ambulanza implica un trasporto del detenuto con la scorta, il che significa l’impiego di agenti per quel singolo caso che portano ad un depauperamento ulteriore del personale di Polizia Penitenziaria, già sotto organico».

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