Giornata della memoria. Un campo di concentramento anche a Forlì, nell’albergo Commercio in corso Diaz

Forlì

Anche Forlì ha avuto un campo di concentramento per ebrei. Frutto delle “leggi razziali” varate dal regime fascista nel 1938, ma anche e soprattutto dell’occupazione militare tedesca seguita all’armistizio dell’8 settembre 1943, fu istituito all’inizio del dicembre 1943 per ordine del ministro degli interni della Repubblica Sociale Italiana (RSI), Guido Buffarini Guidi. E’ una pagina buia e poco conosciuta della nostra storia, che toccò Forlì e numerosi altri capoluoghi provinciali della cosiddetta “repubblichina”. Fino a quella disposizione, l’ordinanza di polizia n. 5, nessun ebreo italiano era stato ancora deportato. Ma i nazisti premevano. “Non essendoci strutture adeguate già predisposte - dichiara il prof. Maurizio Gioiello, scrittore e storico forlivese - il capo della Provincia, Alberto Zaccherini, pensò di utilizzare l’albergo Commercio, ubicato in Corso Diaz, come luogo in cui rinchiudere gli ebrei, anche quelli inizialmente non discriminati grazie alle benemerenze acquisite presso il regime fascista”. Sono ancora pochi in città a conoscere quanto avvenne in quel luogo, posto in pieno centro cittadino, fino alla fine di marzo del 1944, quando il “campo” fu definitivamente chiuso: questo è molto probabilmente legato al fatto che, non essendovi filo spinato, né torrette, l’edificio si mimetizzava in mezzo alle case contigue. Si è dovuto attendere fino al 1990 per avere nozione certa della sua esistenza, grazie ad una ricerca di archivio della professoressa Paola Saiani. “Quest’ultima - continua lo studioso – scoprì, infatti, la fattura di 400 lire che la Cooperativa Lavoranti Falegnami presentò alla Questura di Forlì per farsi pagare l’assito con cui le 10 camere da utilizzare come celle, erano state divise dalle restanti 19 adibite ad alloggio dei carcerieri. Tra questi vi erano anche degli italiani”. Non è stato possibile trovare i registri con i nomi degli internati nell’albergo Commercio: “Grazie ad altre fonti - risponde Gioiello - si sa ormai per certo che gli ebrei transitati dal campo di concentramento forlivese, furono almeno 14”. Tra loro le quattro sorelle Forti e le due sorelle Jacchia, tutte cesenati, anche se i più conosciuti sono sicuramente i fratelli Nino e Camelia Matatia. “La vicenda di questa famiglia - precisa lo studioso - è emblematica. Dei cinque componenti, oltre ai due appena citati vi erano Nissim, capo famiglia, la consorte Matilde e Roberto, il più piccolo dei tre figli. Soltanto un Matatia, Nino, riuscì a ritornare vivo dal campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia, in cui erano stati internati”. Pochissimi sopravvissuti hanno poi avuto la forza di raccontare le vicende della deportazione, ed è stata una “regola” seguita anche da Nino. “Forse si salvò - ipotizza il narratore - perché sapeva suonare la fisarmonica e venne utilizzato dai tedeschi come strumentista della piccola banda musicale che accompagnava gli ebrei verso le docce, vale a dire le camere a gas”. Purtroppo, anche Nino Matatia sarebbe morto di lì a poco, nel 1946, a causa delle sofferenze psico-fisiche patite ad Auschwitz.

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