Forlimpopoli. Giannola Nonino: ”Sono una combattente, in casa mia Artusi era molto amato”

Forlì

Giannola Nonino è un vulcano. «Sono trentottina, io dico così perché dire che sono del 1938 fa vecchio, ma dire trentottina fa combattente». Si dice una donna fortunata ma soprattutto è una donna che ha tenuto sempre presente il monito della madre: «Non mollare mai» e ha vissuto una vita ricchissima di soddisfazioni, incontri, amicizie vere, passione per il suo lavoro e dedizione alla famiglia: oggi in azienda oltre alle sue tre figlie, lavora già qualche nipote. Sesta generazione di Nonino, sempre donne, in un’azienda dove anche il 70 per cento delle dipendenti lo è.

“Nostra signora della grappa” come Gianni Brera definì Giannola Nonino, è il Premio Artusi 2025, accolta ieri a Casa Artusi all’indomani del riconoscimento dell’Unesco alla cucina italiana patrimonio immateriale dell’umanità. E lei, con la sua grappa, a buon diritto, si sente parte di questo patrimonio. Definita miglior distilleria al mondo dalla rivista americana Wine Spectator , la Nonino esiste dal 1897. Dagli anni Sessanta Giannola e il marito Benito, venuto a mancare a 90 anni nel 2024 al quale lei manda baci ogni volta che scorre una sua foto, hanno sparigliato le carte nobilitando il distillato da sempre destinato al popolo, ai braccianti e ai contadini. Accadde nel 1973. «Andavamo spesso a casa di amici della Udine bene e mentre gli altri ospiti portavano cognac, whiskey e champagne io orgogliosa portavo la nostra grappa - racconta Giannola Nonino con la grinta che la contraddistingue -. Vedevo però che alla fine della cena non veniva mai servita. Allora una sera sono andata in cucina dalla donna di casa e ho chiesto come mai. Lei mi disse che con quegli ospiti di riguardo la signora non voleva servire la grappa, non si addiceva. La teneva sotto l’acquaio e mi disse che quella andava a bene per l’uomo che portava la legna, l’imbianchino, l’elettricista o l’operaio. Mi capita di rado ma quella volta restai zitta, dissi a mio marito che non stavo bene e che volevo andare a casa. Per le scale gli dissi: adesso basta, qui io e te dobbiamo fare la rivoluzione della grappa. E la facemmo insieme. Lui ebbe l’intuizione di distillare le vinacce fresche appena fermentate delle singole uve e cominciammo dal Picolit». Non fu facile, ha raccontato Giannola al pubblico di Forlimpopoli, ma trovó come alleate le mogli dei vignaioli con le quali si accordò direttamente per tenere separate le vinacce delle uve pregiate pagandole dieci volte tanto.

«Negli anni Settanta le donne stavano sempre un passo indietro, non io. Ho avuto la fortuna di avere genitori che mi dicevano che non faceva differenza fra maschi e femmine, eravamo persone pensanti e come tali dovevamo muoverci nel mondo, cominciando dall’andare all’estero, a conoscerlo. Poi ho avuto il mio Ben che mi ha sempre spronata a mettermi davanti».

Non paghi, lei e il marito dal 1975 hanno fondato anche il Premio Nonino inizialmente dedicato ai promotori dei vitigni autoctoni friulani che all’epoca rischiavano la scomparsa, poi allargato alla letteratura, alle arti e alla scienza. Premio che ha compiuto 50 anni quest’anno e ha premiato nei decenni intellettuali e artisti di caratura mondiale, anticipando per ben sei volte i nomi di altrettanti futuri premi Nobel. Alcuni in comune anche con il Premio Artusi, come Ermanno Olmi e Carlin Petrini.

Raggiante per il Premio Artusi ricevuto dalle mani della sottosegretario della presidenza della Regione Manuela Rontini, «in casa mia Artusi era molto amato specie dalla mamma e dalla zia che cucinavano con le sue ricette» ha detto, Giannola Nonino oltre a offrire una miscellanea dei suoi eccellenti prodotti a fine premiazione ha invitato tutti in Friuli.

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