Forlì. Violenze di genere, il questore: «L’ammonimento è efficace nel 90% dei casi»

La prima settimana di gennaio il questore ha già sollevato due cartellini gialli nei confronti di uomini che sono arrivati a minacciare o a perseguitare donne, spesso poiché incapaci di accettare la fine di una relazione. Si tratta dell’ammonimento, richiamo formale da parte della questura che mira a rendere più efficace la protezione preventiva e ad ampliare la tutela delle vittime di violenza. «Dal mio punto di vista ritengo il dato positivo - spiega il questore, Claudio Mastromattei - perché sono convinto che il problema stia emergendo e che quindi la gente prenda consapevolezza che c’è un modo per uscire dalla spirale di violenza».
C’è, dunque, una crescente consapevolezza che gli strumenti per difendersi dalla violenza sono aumentati e sono efficaci. Tra questi si sta dimostrando molto utile proprio l’ammonimento che, spesso, lascia spiazzati i maltrattanti. «Quando li convochiamo - prosegue il questore - per molti è come se ricevessero un pugno in faccia. A dirlo chiaramente sono i risultati: su 50 persone che noi abbiamo ammonito l’anno scorso, quelli che hanno recidivato la condotta sono stati 5 e per 3 di questi è poi scattato l’arresto. Si tratta dunque del 10% e ciò significa che, in circa il 90% dei casi, l’ ammonimento è stato sufficiente per inibire la condotta». Quando chi commette una serie di reati chiamati “spia” come violenza privata, minacce, percosse, diffusioni di immagini alla sfera sessuale, maltrattamenti, è convocato in questura dove queste condotte vengono messe nero su bianco attraverso un verbale, ci si ritrova dunque davanti ad uno specchio che riflette il volto, spesso inatteso, della violenza. «Dopo l’ammonimento - sottolinea il questore - qualsiasi agire prescinde dalla querela della parte offesa ma si procede d’ufficio. C’è poi un aumento di pena e si può andare a finire in carcere. Anche per tutte queste ragioni, tendenzialmente per la maggior parte delle persone l’ammonimento sortisce effetto». Dati incoraggianti a livello provinciale che si collocano ben al di sotto della media nazionale dove i casi di recidiva sono pari al 20%, il doppio dunque. Impossibile tratteggiare un ritratto del maltrattante: la violenza è, infatti, trasversale e non fa distinzione di livello sociale. «Abbiamo avuto il caso di un professore di un istituto superiore con una collega - esemplifica il questore -, quello di un paziente nei confronti di una fisioterapista o ancora di un camionista o di un imprenditore». La violenza, che nella maggior parte dei casi si consuma tra le mura domestiche, è quasi esclusivamente maschile: su 50 casi seguiti lo scorso anno dalla Questura, 47 bruti erano infatti uomini. Ad essere richiamati sono per maggioranza persone tra i 30 e i 50 anni. Sono invece pochissimi i casi di ragazzi giovani, solo 7 casi su i 50 del 2023. 21 ammoniti erano stranieri ovvero il 40%: 8 appartenenti a Paesi dell’est Europa e 13 nord africani. «È un dato significativo - prosegue Mastromattei - nella misura in cui, nel nostro territorio, la presenza di stranieri residenti è attorno al 10-12%». Le vittime che sono uscite dalla spirale del silenzio e hanno trovato la forza di chiedere aiuto sono, poi, quasi tutte italiane a testimonianza che c’è ancora bisogno di non far sentire le donne sole, ancor di più tra chi ha scarsa conoscenza della lingua o carenza di reti di amicizia alle quali aggrapparsi. In questo senso c’è la necessità di continuare a fare sensibilizzazione per informare sempre più anche le cittadine straniere che c’è una via d’uscita per salvarsi dalla violenza rivolgendosi alle forze dell’ordine. «Di ragazze straniere che hanno denunciato episodi di stalking ne abbiamo avute 3 o 4 - prosegue -. A mio avviso dunque, c’è bisogno di fare emergere, soprattutto in determinati contesti culturali, questa problematica. Chi parla con un’amica, va dal medico o a scuola si confronta con altre mamme, ha opportunità maggiori di far uscire più agevolmente il proprio malessere rispetto a chi è solo».