Forlì, processo per il saluto romano a Predappio

Si sono difesi in Tribunale tre dei cinque imputati accusati di aver fatto il saluto romano e risposto alla chiamata del “presente” nel raduno a Predappio in occasione dell’anniversario della nascita di Benito Mussolini, il 26 luglio 2020. Hanno detto di essere stati al raduno a titolo personale, di non fare parte di organizzazioni e quindi non pensare alla ricostituzione di un partito fascista. «Commemoravamo una persona che stimiamo, che adesso secondo me è in cielo» ha detto uno di loro, studente in giurisprudenza. Una donna ha detto di andare spesso ai raduni, di vestire la camicia nera e portare il tricolore di 9 metri che viene usato per la sfilata dalla piazza al cimitero di San Cassiano: «Un segno di rispetto, per me il saluto romano è un impegno spirituale e non politico verso una persona». Ascoltato anche Mirco Santarelli, di Faenza, ex responsabile degli Arditi d’Italia. L’udienza di ieri davanti al giudice Ramona Bizzarri arrivava a 24 ore dalla sentenza del giudice di Ravenna Antonella Guidomei che aveva assolto lo stesso Santarelli e il patron di Villa Mussolini a Carpena, Domenica Morosini, per le stesse accuse formulate in occasione della commemorazione del gerarca Ettore Muti a Ravenna. Secondo il giudice il saluto romano e il “presente” non sono penalmente perseguibili quando riproposti in queste commemorazioni. L’avvocato di Forlì Francesco Minutillo, che tutela i cinque, ha sottolineato la circostanza, chiedendo di attendere le motivazioni di quella sentenza, ma il giudice monocratico Bizzarri (pubblico ministero in aula Massimo Maggiori), ha fissato per il 4 luglio l’audizione di un ultimo testimone e poi la discussione. I cinque imputati erano stati identificati in base alle immagini video del 26 luglio 2020 nel parcheggio del cimitero di San Cassiano dove un centinaio di nostalgici si era ritrovato per ricordare la nascita del duce.