Forlì. Prescrizioni ridotte, dopo le proteste dei medici di famiglia si apre uno spiraglio

C’è uno spiraglio di luce sulla possibilità che la Regione torni, almeno in parte, sui propri passi e permetta nuovamente ai medici di medicina generale di prescrivere almeno una parte di prestazioni sanitarie che, dal 14 luglio scorso, sono diventate appannaggio dei medici specialisti.
«Proprio l’altro giorno, a seguito delle nostre rimostranze è arrivata una mail in cui ci viene chiesto di fare un’analisi delle indagini che noi medici di base riteniamo più opportuno reintrodurre - spiega Vincenzo Immordino, medico e Segretario regionale della Federazione medici territoriali (Fmt) - . Auspichiamo che questa apertura si traduca in un recupero di quelle prestazioni più indispensabili».
Nessun confronto con i medici
A far storcere il naso ai camici bianchi è stata anche il mancato confronto da parte della Regione che avrebbe, senza alcun preavviso, rimosso dalla prescrivibilità da parte dei medici di medicina generale una lunga lista di prestazioni sanitarie generando disagi tra i pazienti e rischiando di ingolfare ulteriormente la sanità pubblica. «La decisione - conferma Immordino - è stata presa in Regione, noi non sapevamo che si parlasse di questa revisione. Ci siamo trovati di colpo con alcune prescrizioni scomparse dal catalogo».
Se alcuni accertamenti erano poco utilizzati, altri erano invece spesso prescritti in caso di dubbi diagnostici da parte del medico di famiglia. «Pensiamo al caso della prolattina seriata - esemplifica Immordino - . Se io trovo un paziente che ha una ginecomastia, ovvero il petto ingrossato, e magari la prolattina risulta un po’ alterata, quel valore può essere legato allo stress oppure può essere segnale di un tumore dell’ipofisi. A volte facendo la prolattina seriata, che è semplicemente la stessa prolattina fatta non con un unico prelievo ma attraverso tre prelievi a intervalli regolari prefissati, posso capire e distinguere fra chi effettivamente ha un’alterazione e quindi va mandato dallo specialista endocrinologo oppure chi è semplicemente stressato e quindi non ha bisogno di visite specialistiche. In quest’ultimo caso, dunque, non creo la necessità di una visita specialistica che non sarebbe necessaria».
Scelta dannosa per i pazienti
La scelta fatta a livello regionale rischia di creare un cortocircuito in cui a rimetterci sono i pazienti. «Spesso alcuni degli esami che sono stati tolti ci vengono richiesti da specialisti convenzionati che hanno visitato i nostri pazienti e che invece di fare loro le prescrizioni, come sarebbe dovuto, ce li rimandano a noi per la prescrizione - spiega Immordino - . Se lo specialista non è convenzionato con il servizio sanitario nazionale, invece, non è in grado di prescrivere questi esami».
I medici di medicina generale tentano, talvolta di risolvere la situazione generata da quella che sembra essere stata una scelta miope prescrivendo gli accertamenti consigliati su ricette rosse che, tuttavia, spesso non sono accettate dal Cup perché non contengono i codici relativi alle singole prestazioni. Ora la palla torna, dunque, alla Regione.
«Assieme ai colleghi - conclude Immordino - vedremo di fare un elenco ragionevole di quelle prestazioni che potrebbe essere utile reintrodurre e poi vedremo se saremo accontentati». La speranza dunque è quella di ridurre i danni per i pazienti.