È stato fissato a 1 milione e 50mila euro il risarcimento che la famiglia di una ragazza di 22 anni riceverà dal Policlinico Sant’Orsola di Bologna. Lo ha stabilito il Tribunale di Bologna in sede civile, ritenendo la struttura sanitaria responsabile per la morte della giovane, deceduta soffocata da un pezzo di pizza margherita mentre era ricoverata nel reparto di Psichiatria nel marzo 2018.
La pronuncia, ottenuta dagli avvocati forlivesi Nicola Petta e Gianni Ponti, ribalta l’esito del precedente procedimento penale, che nel 2023 si era concluso con il proscioglimento di due medici e un operatore socio sanitario inizialmente coinvolti nell’inchiesta.
La ragazza, infatti, era in una condizione di alto rischio disfagia (difficoltà a deglutire) dovuta specificamente alla terapia farmacologica che le veniva somministrata. Nonostante questo e il divieto interno di introdurre cibo esterno, il 13 marzo 2018 la paziente riuscì a convincere un dipendente a farle avere una pizza margherita. Pochi minuti dopo l’assunzione, la giovane morì soffocata.
Le motivazioni della sentenza civile, emessa dal giudice Anna Lisa Marconi, puntano il dito sulla mancata sorveglianza e sul difetto di organizzazione della struttura sanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che il Policlinico «non ha ottemperato all’onere della prova» per dimostrare di aver compiuto «tutto quanto (ex ante) possibile per evitare l’evento luttuoso. Nel reparto psichiatrico sia gli ingressi che le uscite devono essere attentamente controllate ed autorizzate dal personale sanitario - scrivono i giudici -. Pertanto, non si comprende come la paziente abbia potuto in modo del tutto autonomo e incontrollato ordinare ma soprattutto di ricevere cibo dall’esterno».
I giudici hanno sottolineato che, data la condizione di rischio disfagia della paziente (notoria anche per precedenti episodi), il monitoraggio durante i pasti era un «elemento cardine per prevenire ulteriori episodi disfagici». Inoltre, la sentenza lega il decesso direttamente alla cura: la terapia assunta avrebbe influito negativamente sulla motilità della muscolatura e sulla funzionalità del tratto gastroenterico, aumentando “in modo esponenziale il pericolo».