Forlì. Molino Villa Romiti fermo dal giorno dell’alluvione, Partisani: “Il fiume ha deciso che devo chiudere”

Forlì

«Siamo fermi dal 16 maggio 2023, giorno dell’alluvione». Riflettori puntati sul Molino Villa Romiti, posto in via Firenze 57 sull’argine del Montone, a poche decine di metri dal ponte di Schiavonia: praticamente nell’occhio del “ciclone” di un anno fa. Giuseppe “Pino” Partisani, classe 1947 ed esponente di terza generazione di una dinastia di mugnai, che ha come capostipite il nonno Desdemolo, fondatore del molino nel lontano 1929, mostra con fatica le stimmate del disastro: «Vede quella linea scura ancora percepibile sui muri dell’impianto? Sono i segni lasciati dalla piena del fiume. All’interno è entrato al massimo mezzo metro d’acqua. Il problema è stato il fango penetrato nei depositi, che mi ha costretto a buttare circa 300 quintali di farina stoccata, più altri 400 quintali di prodotto già confezionato pronto per la vendita. Sono riuscito a liberare le fosse dal limo, ormai duro come la roccia, appena due settimane fa, grazie all’intervento di una ditta specializzata». Sino a quel fatidico 16 maggio, il Montone aveva già destato preoccupazione e allarme, ma mai fino a quel punto: «E’ stato un evento eccezionale - dichiara Partisani - che però si sarebbe potuto contenere nella sua portata distruttiva, se solo le autorità competenti avessero manutenzionato nel modo giusto il letto e gli argini del fiume all’altezza del ponte». Nel 1985, l’anno di costituzione della società Molino Villa Romiti srl, l’impianto di via Firenze aveva una potenzialità molitoria giornaliera di 700 quintali di grano e 1.000 quintali di mangime. Ancora nel 2021, secondo quanto appreso dal sito “Aziende.it”, il molino ha espresso un fatturato vicino al milione di euro (per l’esattezza 973.928 euro).

«Il danno economico provocato dall’alluvione - continua il mugnaio - è stato impressionante, ma poteva anche andare peggio se non avessi già ridotto da un paio di anni l’attività, macinando una volta la settimana giusto per produrre la farina sufficiente ad accontentare i clienti, nella prospettiva di andare in pensione. Se fino al 16 maggio scorso non me la sentivo proprio di staccare la spina, adesso non ho alternative: il fiume ha deciso che devo chiudere».

Partisani non è stato solo un molitore provetto, ma ha anche prodotto energia pulita “ante litteram”: «Dal 1989 al 2004 ho gestito il Canale di Schiavonia o di Ladino, potendo così sfruttare la corrente elettrica generata nel Molino Torello (poi inglobato nella cartiera dei Romiti) dal “salto” d’acqua di circa 9 metri del canale nel Montone. Ma ho anche garantito a mie spese la pulizia periodica dei circa 8 chilometri di letto della via d’acqua». Partisani dal giorno dell’alluvione non macina più farina, anche se continua a tenere aperto il punto vendita di via Firenze 57: «Mi reco tutte le mattine in bottega, giusto per accontentare clienti e ristoratori che ancora affidano a me i loro grani antichi e selezionati, ora macinati da un altro mugnaio. Ribadisco che il mio molino è ancora pienamente operativo: se qualche investitore o imprenditore innamorato della tradizione, fosse interessato, si faccia pure avanti, sa dove trovarmi».

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