Forlì. Melandri, esperto in fundraising: “Sì a una legge anti Ferragni, quella non era beneficenza ma co-marketing”

Forlì

Il caso “pandoro gate” Ferragni-Balocco da giorni tiene banco sulle cronache nazionali, tanto da spingere il governo a ipotizzare una legge, definita proprio “anti Ferragni” che fissi paletti e limiti alle iniziative di beneficenza e garantire sicurezza ai cittadini che donano. Legge della quale ancora non c’è una cornice certa, solo ipotesi, con il fine di impedire pratiche commerciali scorrette anche con l’utilizzo di personaggi noti, magari specificando la somma da devolvere, se sia stabilita oppure legata alle vendite. Un’idea che non dispiace a Valerio Melandri, assessore alla cultura del Comune di Forlì, ma soprattutto tra i più esperti in Italia del settore, avendo portato il fundraising in Italia, che insegna al Master. del settore.

«Una legge che entri nelle collaborazioni tra profit e non profit è fondamentale, sono d’accordo sulla proposta di una legge che regolamenti il settore. Prima di tutto le cose vanno rese trasparenti e di assoluta conoscenza. Quando si fa un’operazione che si chiama Cause Related Marketing , cioè marketing legato alla causa, che è una tecnica che si usa da 100 anni, basti pensare che la statua della Libertà è stata ristrutturata la prima volta perchè America Express faceva pagare un centesimo per ogni transazione a chi usava la sua carta di credito e così hanno raccolto decine di milioni di euro, ci devono essere delle norme: l’azienda può dire che per ogni prodotto venduto una certa cifra va alla causa, la campagna deve avere un inizio e una fine , poi si deve comunicare quanto è stato raccolto».

Cosa diversa rispetto a quello che è successo nel caso Ferragni-Balocco. «L’operazione Ferragni è una sana, giusta, bella, simpatica operazione di co-marketing - sottolinea Melandri - che non c’entra niente con la beneficenza. Il co-marketing è quando due marchi si mettono insieme e pensano di guadagnarci, pensano entrambi di averne un guadagno: Ferragni un milione di euro, Balocco vende più panettoni. L’unico vero problema è che qui si è spacciato per beneficenza quello che beneficenza non era».

I volti noti in tv e sui social servono per attirare donatori, ma non è tutto oro quel che luccica. «L’uso di personaggi famosi l’ho sempre fatto nella mia vita professionale - spiega Melandri -, con tre criteri: il testimonial deve essere gratuito; deve essere coinvolto nel lungo periodo, come Arbore che è da trent’anni nella Lega del filo d’oro, Neri Marcorè da 15; infine ci deve essere un pieno coinvolgimento del testimonial dentro la realtà che promuove, quindi deve pensare alla struttura per la quale fa il testimonial, vedere come funziona, entrarci dentro. Tornando all’esempio Ferragni-Balocco, il problema è stato aver messo in mezzo l’ospedale Regina Margherita, che non doveva rendersi disponibile a fare questa operazione. E’ successo perchè non aveva un professionista fundraiser che li avrebbe condotti a non fare questa operazione. Dopo si crea una sfiducia che coinvolge tutto il mondo non profit, perchè se qualcuno si comporta male viene colpito tutto il settore, non solo lui».

L’assessore ricorda poi come l’azienda non profit debba essere gestita come una vera azienda: «Il criterio con cui si valuta un paio di scarpe - esemplifica - non è se l’affitto del negozio dove si vendono costa molto, ma se le scarpe sono belle. Se usiamo questo criterio nel mondo profit, perchè non dobbiamo farlo nel mondo non profit? Ovvero, non vediamo quanto spende una non profit, ma quanti risultati porta a casa. Il punto debole del mondo non profit sono i consigli di amministrazione, la governance, quindi i presidenti, i consiglieri di amministrazione, che non capiscono che un’azienda non profit è un’azienda a tutti gli effetti e quindi deve fare investimenti, avere costi, dei ricavi, possibilmente produrre utili che poi devono essere reinvestiti. Non profit vuol dire “non per profitto”, non che non si producano risultati».

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