Forlì, lettera aperta del sindaco Zattini: “C’era da riaccendere una città addormentata dai disastri della sinistra”

Forlì
  • 18 maggio 2024

“Forlì è una città in cui si vive bene”. Parte così una lunga lettera aperta del sindaco Gianluca Zattini verso le elezioni. Una lettera tra passato, presente e futuro di una città in cui punta al secondo mandato.

La lettera

“Forlì è una città in cui si vive bene. Ciò lo si deve all’operosità dei suoi cittadini, alla cura di chi la abita e ci lavora ma anche alle scelte strategiche assunte in passato da amministratori lungimiranti e coraggiosi. Donne e uomini che hanno anteposto l’interesse della comunità a quello di partito, facendo leva, molto spesso, sul supporto determinante di opposizioni costruttive e consapevoli, affezionate a Forlì e al suo sviluppo. E’ stato questo spirito unitario che ci ha regalato l’università, la diga di Ridracoli, l’ospedale, la tangenziale, il polo tecnologico-aeronautico e tanto altro. Un’energia che, purtroppo, una certa sinistra, oggi tornata in auge, ha represso fino a farla soffocare.

Giorgio Zanniboni, l’amministratore più longevo di questa città, a un certo punto è stato espulso dal suo partito. Franco Rusticali, forse il più amato tra i sindaci forlivesi, qualche anno dopo la fine del suo secondo mandato venne condotto in tribunale, abbandonato dai suoi eredi politici e umiliato da presidente dell’aeroporto. Nadia Masini - la prima donna sindaco della città - venne ripudiata dal suo partito che la sottopose alle primarie contro Roberto Balzani. Lo stesso Balzani - col quale ho collaborato a lungo da sindaco di Meldola - ha sintetizzato il suo stato d’animo in un libro dal laconico titolo “Cinque anni di solitudine”, senza neppure riproporsi per un secondo mandato. Davide Drei, con cui ho condiviso scelte strategiche per il territorio come la nascita di Alea, è stato pubblicamente vilipeso dal suo partito, sbeffeggiato e alla fine costretto a non ricandidarsi.

Quando sono stato eletto nel 2019, ho trovato una città ferma sul binario dei ricordi delle grandi opere di Satanassi, Zanniboni e Rusticali. Figure a cui, tra l’altro, abbiamo dedicato e dedicheremo spazi idonei a rendere perenne la loro memoria.

I disastri a cui penso quando mi volto a guardare gli ultimi cinquant’anni di storia di questa città sono il frutto dell’egoismo di una sinistra che ha bruciato talenti, maltrattato, espulso e abbandonato i suoi amministratori migliori. Non mi riferisco, dunque, ai sindaci del passato, alle persone che nel loro ruolo di amministratori hanno fatto bene, talvolta benissimo per la nostra città, ma all’ingerenza a tratti dispotica di PCI, DS e PD che, ancora oggi, non riescono a farsi una sana autocritica. Fin dal giugno 2019, appena eletto, mi sono messo al lavoro per riaccendere il motore di una Forlì addormentata, bisognosa di nuove energie. Questo non mi ha impedito da sindaco della città capoluogo di collaborare con i comuni limitrofi e i tanti sindaci di colore politico diverso. Ciò che conta per un amministratore è fare le cose. Realizzare i progetti che servono (e anche confermare e completare scelte giuste che vengono dal passato, che male c’è?) e dare una risposta concreta alle sfide del prossimo decennio. Nonostante la pandemia e l’alluvione - eventi senza precedenti che nessun altro sindaco ha dovuto fronteggiare in passato - abbiamo realizzato moltissimo negli ultimi cinque anni, ma ancora tanto resta da fare e ci sono sfide (ad esempio sulle infrastrutture) che richiedono un ciclo amministrativo di almeno 10 anni per essere vinte. Noi abbiamo pensato e lavorato per il bene comune. Abbiamo rimesso in moto la città e ora vogliamo andare avanti, per correre”.

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