Forlì. Intervista al vescovo Corazza: “Guardiamo al futuro con gli occhi dei giovani. La crisi non è solo nelle vocazioni”
- 02 novembre 2023

Al vescovo di Forlì-Bertinoro, monsignor Livio Corazza abbiamo chiesto di fare il punto su Forlì e i forlivesi, a pochi giorni dal suo messaggio alla città in occasione della solennità del patrono San Mercuriale.
Partiamo dal suo discorso alla città del 26 ottobre scorso, come sempre esauriente e a tutto campo: vuole sintetizzarne i punti salienti?
«Di fronte alle guerre, alla crisi climatica, alle epidemie, all’alluvione, dobbiamo riconoscere che siamo fortunati a vivere in un contesto sociale dove le istituzioni e una cultura diffusa della solidarietà ci hanno protetto. E qui ringrazio tutti coloro che nel passato e nel presente hanno assicurato 75 anni di pace e lavorato per la coesione sociale. Ma sono condizioni che vanno custodite e non date, mai, per scontate. Per esempio, facciamo abbastanza per i giovani? Cosa facciamo per assicurare loro un futuro migliore? Questo, in sintesi, il mio messaggio».
Lei è a Forlì dal 22 aprile 2018, come sono stati i primi cinque anni alla guida della chiesa locale?
«Gli eventi occorsi in questi anni hanno influito molto sull’agenda di un vescovo, sconvolgendo il normale lavoro pastorale. Devo dire che la comunità ha trovato le energie per rispondere in modo bello e puntuale alle emergenze, sia da un punto di visto vista di solidarietà concreta, unendo le forze, sia dal punto di vista spirituale. Le sfide che ci attendono preoccupano, ma le esperienze vissute ci confortano: ce la faremo! Però c’è bisogno di tutti».
Anche nella nostra Diocesi ferve l’impegno di parrocchie e unità pastorali, associazioni e movimenti ecclesiali per il sinodo in corso: perché tutta questa attenzione del Papa e della Chiesa per questo percorso?
«A problemi nuovi occorrono soluzioni nuove. Se tutto cambia, non possiamo continuare a fare le stesse cose di prima. Ancora di più oggi è necessario che la “Chiesa si metta in ascolto dello Spirito che le indica il cammino”. Camminare e camminare insieme, dove tutti sono coinvolti e responsabilizzati».
La crisi di vocazioni. A Forlì come un po’ in tutta Italia sono sempre meno gli operai nella vigna del Signore: cosa pensa dei giovani d’oggi e del loro timore ad abbracciare la vita religiosa?
«Per molti la fede non è più un ideale che meriti di spendere la vita. È venuta quindi meno la fede in Dio. Per la verità, sono in crisi anche molte vocazioni al servizio. È in crisi il volontariato, sono in crisi le professioni a contatto con le persone; non scordiamo inoltre il calo demografico pauroso di questi ultimi anni. Ci sono pochi giovani. Non neghiamo poi che, come dice la Bibbia, “l’uomo nel benessere non capisce”. La fede in Dio è stata sostituita dalla fede nei mezzi tecnologici e da visioni della vita concentrate sul qui e ora. Ma non mi pare che la gente sia più felice. Non dimentichiamo che anche la Chiesa non è sempre unita e convinta, e quindi risulta non convincente ed attraente. Eppure, ci tengo a precisarlo, qualche volta, anche quando attrae, il circuito mediatico la ignora. In Italia, ad esempio, grazie al Sinodo si sono riunite mezzo milione di persone e quasi nessuno se n’è accorto. A Lisbona, nell’agosto scorso un milione e mezzo di ragazzi da ogni dove si sono incontrati con papa Francesco, mettendo al centro Dio e il futuro della fede, ma sono stati ignorati. Tuttavia, se c’è uno scandalo, la notizia corre. Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce...».
La pace nel mondo non è mai stata così in pericolo: cosa si sente di dire ai forlivesi, oltre che invitare alla preghiera e al digiuno come chiede il Papa?
«La preghiera e il digiuno non sono poca cosa. Chi prega per la pace desidera mettersi in sintonia con la concordia che Cristo è venuto a donare (“Vi do la mia pace...”) e vuole percorrere i sentieri di pace e vivere i sentimenti di pace di Cristo. Se non incominciamo da noi, non ci sarà pace nel mondo. Finora vedo solo tifosi che si schierano con l’uno o con l’altro, ma la pace non si costruisce così, si corre il rischio di diffondere le tossine della guerra anche fra noi».
Uno sguardo al futuro. Il nuovo progetto pastorale è intitolato “Non ci ardeva forse il cuore?”. Quali iniziative ha in mente per proporre ai forlivesi e in particolar modo ai giovani, l’incontro con Cristo?
«I giovani d’oggi devono prima di tutto vincere il pregiudizio negativo sulla fede. Vedo che coloro che incontrano veramente Cristo rimangono colpiti e coinvolti. Offriamo luoghi di incontro sul Vangelo per giovani e adulti. Ripartiamo da lì!».
Fra pochi mesi a Forlì si torna a votare per le elezioni amministrative: ci farebbe un identikit del suo sindaco ideale e quali le priorità che lei si aspetterebbe dal nuovo governo cittadino?
«Non entro in queste diatribe. Alla fine si sa quali sono le cose da fare, al di là delle campagne elettorali. Suggerisco di guardare al futuro con gli occhi dei giovani, è il criterio migliore. Mettendosi in ascolto e valorizzando di più i corpi intermedi. Vedo tre priorità: promuovere i luoghi di incontro dei giovani (oratori, dopo scuola, centri giovanili, universitari...), aiutare le famiglie (con il quadrilatero che le sostengono sostiene: servizi, scuola, casa e lavoro) e dedicare grande attenzione alle persone fragili. Per quanto riguarda gli alluvionati, speriamo che alla data delle elezioni siano già stati aiutati».
Augurare ad un vescovo “in bocca al lupo” è un po’ troppo banale... Cosa desidererebbe che le augurassimo? Cosa si sente di augurare ai forlivesi?
«Auguratemi di essere una guida illuminata e coraggiosa. Auguro ai forlivesi di custodire e riscoprire il patrimonio umano e di fede che i nostri padri ci hanno lasciato e di renderlo vivo e vitale per il futuro. Lo spirito romagnolo valorizza la relazione fra le persone, i luoghi di incontro e di amicizia con tanta capacità di accogliersi, anche se diversi. Auguro di non omologarsi, di non lasciarsi abbagliare dalle mode passeggere, dall’apparenza e dalle sirene di chi promette una felicità a basso costo. Nessuno ci regala niente. Solo Dio ci ha donato la vita e ci lascia liberi di scegliere».