Forlì. I racconti e la camminata in centro storico degli alluvionati per non dimenticare e restare uniti

«ll momento più brutto è stato quando l’acqua ha superato le scale del primo piano ed ha iniziata ad entrare sotto la porta d’ingresso e noi lì, sulle scale, a immaginare il disastro che stava succedendo all’interno dell’appartamento. Siamo rimasti fintamente tranquilli per non far preoccupare i nostri figli ma anche loro stavano vivendo quell’esperienza e non potevamo fare nulla, solo aspettare che l’acqua smettesse di crescere». È una delle drammatiche testimonianze di chi, nel maggio del 2023, ha visto la propria vita stravolta dalla furia dell’alluvione che ha inondato le case spazzando via ricordi e sacrifici di una vita. Ricordi che hanno scandito la camminata organizzata ieri dal percorso partecipativo Col.M.A.Te., acronimo che sta per “Collettività, memoria e attivazione nei territori post-disastro”, che grazie alla collaborazione con ActionAid Italia, mira a creare consapevolezza e restituire centralità al tema dei disastri e della giustizia ambientale a Forlì. Una passeggiata che, partendo da porta Schiavonia ha attraversato il centro storico passando da corso Garibaldi, Piazza Saffi, via delle Torri, via dei Mille per concludersi al Parco della Pace. «Vorremmo rendere questi ricordi non solo un monito che ci serva per un futuro - hanno spiegato attraverso il microfono gli organizzatori - , ma anche qualcosa di trasformativo che ci permetta di unirci per non sentirci più soli». In questi mesi attraverso un questionario, sono state raccolte le testimonianze di tante persone colpite dall’alluvione. «Il 16 maggio - racconta una testimone - eravamo a casa tranquilli, abitiamo al primo piano. La nostra preoccupazione era la cantina più che altro, molti condomini erano in cortile intenti a seguire le allerte meteo e ad andare a vedere se il livello del fiume saliva. Per strada passavano gli agenti che invitavano a parcheggiare nel parcheggio dell’Aldi poiché era più in alto rispetto ai nostri posti auto. Ad un certo punto, abbiamo visto arrivare l’acqua giù dalla discesa che porta al nostro condominio: siamo tutti saliti in casa perché l’acqua sale rapidamente ed è pericoloso. Continuavamo a dire che sarebbe salita di qualche centimetro ma in poche ore l’acqua è arrivata al nostro terrazzo e siamo dovuti scappare ed essere ospitati dai vicini dei piani superiori». «Non potevo mai immaginare che l’acqua avrebbe riempito quasi i tre piani di casa mia - aggiunge un’altra persona intervistata -. Ho capito che la situazione sarebbe stata molto grave». «Ho provato un grande senso di impotenza - spiega un altro cittadino alluvionato -, sentivo che stava succedendo qualcosa di non controllabile e ho ingenuamente iniziato a spostare gli oggetti più in alto, camminando in mezzo all’acqua che è arrivata ad altezza ginocchia in pochi minuti».

Cosa è rimasto di quell’evento a due anni di distanza? «La paura e il terrore negli occhi delle mie figlie, l’amarezza e la frustrazione rispetto alla superficialità e la mancanza di rispetto istituzionale nei confronti delle persone alluvionate. Rimane la paura nei confronti di quello che ci aspetta in futuro».

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