Forlì. Giovanni Amadori: «L’Irst deve rimanere un mix tra pubblico e privato come voleva mio padre»

Forlì
  • 27 giugno 2025

«L’Irst deve rimanere un’eccellenza romagnola. Un istituto votato alla ricerca e alla cura del cancro. Un punto fermo per la Romagna, e, da qui, per l’Italia, per l’Europa. Trasformarlo in un ente pubblico puro “regionale”, come oggi qualcuno propone sarebbe un grave errore». Lo afferma Giovanni Amadori, figlio del luminare dell’oncologia, che interviene sul dibattito relativo al futuro dell’Irst. «L’Irst non è nato come un ente pubblico, né come un soggetto interamente privato. È nato, ed è cresciuto, come istituto a compartecipazione pubblico-privata - aggiunge Giovanni Amadori - Questa è stata ed è la sua forza. È stato il modello ibrido, intelligente, voluto con lucidità e coraggio da mio padre a renderlo un faro nella sanità italiana. La presenza pubblica è importante, necessaria. Ma mai dominante. E’ il privato, con la sua capacità di investimento, flessibilità e progettualità, a dare impulso alla ricerca, mentre il pubblico garantisce struttura, accesso e credibilità istituzionale. Ho deciso di intervenire, con rispetto ma con fermezza, perché quando si parla dell’Irst, occorre farlo con cognizione di causa, non per averne un ritorno in termini di mera visibilità politica o per propaganda o per ego personali». A questo proposito Giovanni Amadori ricorda a tutti le parole del padre dette nel 2019: «L’essere un Istituto privato ci consente l’accesso a Bandi europei, nonché di poter avvalerci di tante opportunità che non vengono offerte alle Aziende pubbliche, come quella del 5 per mille, il che favorisce l’approvvigionamento di ulteriori risorse. Tant’è vero che, sugli 83 milioni del budget globale, con la Ricerca e i Bandi che vinciamo, 11/12 milioni di euro ci arrivano per queste vie».

«E’ stata proprio questa la sua visione - prosegue Giovanni - : un’istituzione radicata nel territorio, ma capace di proiettarsi oltre. Senza vincoli politici. Senza freni burocratici. Lo statuto e la struttura dell’Istituto lo dimostrano chiaramente: l’Irst è frutto di un’alleanza tra soggetti pubblici e privato sociale. Eppure oggi, nel pieno di una difficoltà gestionale che tutti, ci auguriamo, sia temporanea, assistiamo a proposte sconnesse e fuori luogo che propongono e mirano a modificare la natura giuridica dell’Istituto, affidandolo integralmente alla mano pubblica. Sarebbe una mutazione genetica. E un errore irreparabile. E chi pensa a ciò sbaglia. Si può e si deve evitare che l’Irst_Dino Amadori venga “statalizzato”, assorbito, omologato». Il figlio del prof. Amadori ricorre ancora alle parole del padre per spiegarne la volontà: «A chi oggi dubita che questa fosse davvero la sua volontà, rispondo con le sue stesse parole di un articolo del 2017: “La politica vuole controllare l’Irst. Vigileremo perché non accada mai”. Il professor Dino Amadori, mio padre, dichiarava senza ambiguità: «Purtroppo stiamo vivendo un maldestro tentativo di acquisizione del controllo all’interno dell’Irst per renderlo dipendente da un punto di vista politico. E’ irrispettoso, la Regione vuole accentrare, dobbiamo vigilare su ogni passaggio». Giovanni lancia quindi un appello «a tutti gli imprenditori romagnoli di buona volontà, mecenati, realtà produttive del territorio, che con senso di responsabilità e condivisione dell’eredità etica e scientifica del professor Dino Amadori, possano contribuire concretamente a superare questo momento delicato. E’ il tempo di fare gesti forti. Di un nuovo patto civico tra il mondo imprenditoriale romagnolo (la forza della nostra terra) e l’Istituto che porta il nome di chi ha dedicato tutta la sua vita a curare proprio noi, i suoi romagnoli: Dino Amadori».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui