Forlì, Covid: fa meno paura ma serve cautela

Forlì
  • 23 giugno 2024

A quattro anni dalla sua comparsa nel panorama mondiale, il Covid non fa più paura, ma non è certo sparito. Casi di positività sono ancora registrati, anche se in numero e con restrizioni nemmeno paragonabili a quelli del periodo più buio. Gian Luigi Belloli, direttore della Igiene e Sanità Pubblica di Forlì-Cesena, fa il punto della situazione.

Quanti casi attivi vengono registrati a Forlì in totale e in media negli ultimi mesi?

«Dall’inizio 2024 si è verificato un trend stabilmente decrescente in merito alle positività riscontrate nei tamponi eseguiti. Nell’ambito territoriale di Forlì, la media settimanale di nuovi casi positivi registrata nel periodo compreso tra la settimana del 1-7 aprile e quella del 10-16 giugno è stata di circa 3 persone. Sono stati registrati 5 casi nell’ultima settimana rilevata 10-16 giugno. I dati sono in linea con quanto registrato negli altri ambiti territoriali dell’Ausl Romagna».

Come vengono trattati e quali sono le indicazioni fornite a chi è positivo? Oltre ai consigli di prudenza ci sono norme da seguire come nei vecchi Protocolli?

«Ad oggi le persone risultate positive ad un test diagnostico molecolare o antigenico per Covid-19 non sono più sottoposte alla misura dell’isolamento. Si raccomanda, comunque, di osservare le medesime precauzioni valide per prevenire la trasmissione della gran parte delle infezioni respiratorie. In particolare è consigliato: indossare un dispositivo di protezione delle vie respiratorie (mascherina chirurgica o Ffp ) se si entra in contatto con altre persone; se si è sintomatici, rimanere a casa fino al termine dei sintomi; applicare una corretta igiene delle mani; evitare ambienti affollati; evitare il contatto con persone fragili, immunodepresse, donne in gravidanza, ed evitare di frequentare ospedali o Rsa. Questa raccomandazione assume particolare rilievo per tutti gli operatori addetti all’assistenza sanitaria e socio-sanitaria, che devono quindi evitare il contatto con pazienti a rischio; informare le persone con cui si è stati in contatto nei giorni immediatamente precedenti alla diagnosi, se anziane, fragili o immunodepresse; contattare il proprio medico curante se si è persona fragile o immunodepressa, se i sintomi non si risolvono dopo 3 giorni o se le condizioni cliniche peggiorano».

Qual è la percezione attuale delle persone riguardo al Covid?

«Negli ultimi anni, la percezione del Covid-19 tra la popolazione svela una tendenza a considerare il virus meno pericoloso rispetto al passato. Attualmente questo cambiamento riflette, di fatto, un adattamento positivo alla convivenza con il virus, favorito dall’ampia diffusione delle vaccinazioni, dai progressi nella gestione della patologia e dalla presenza di forme cliniche meno severe. Tuttavia, occorre monitorare l’andamento epidemiologico e mantenere alta l’attenzione sulla prevenzione, specialmente per le persone più vulnerabili».

Rispetto al periodo iniziale della pandemia si è saputo qualcosa di più sulla malattia? Fattori che magari all’inizio erano sconosciute?

«Negli anni sono emerse nuove conoscenze sulla malattia da Covid-19 che hanno arricchito significativamente la nostra comprensione del virus e delle sue varianti. In particolare, si è ottenuta una maggiore chiarezza sui meccanismi di trasmissione, sull’impatto delle varianti emergenti e sulla risposta immunitaria sia naturale che indotta dai vaccini. La ricerca ha evidenziato l’importanza delle terapie precoci nel trattamento delle infezioni, migliorando così le strategie terapeutiche. Linee guida più affinate nonché l’uso esteso delle vaccinazioni hanno dimostrato essere efficaci nella prevenzione dei casi gravi e delle complicanze da Covid-19».

Tra i medici e infermieri ci sono procedure da seguire nel lavoro oppure negli ospedali è tornato tutto come pre Covid? E dopo i mesi di grandi lavoro e impegno, cosa è rimasto dal punto di vista dei comportamenti?

«Va sottolineato che è ancora obbligatorio indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie per lavoratori, utenti e visitatori nelle strutture sanitarie all’interno dei reparti che ospitano pazienti fragili, anziani o immunodepressi, specialmente se ad alta intensità di cura. Questo obbligo si estende anche alle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice, le strutture riabilitative e le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti. Nei reparti sanitari diversi da quelli indicati e nelle sale d’attesa, la decisione sull’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie è lasciata alla discrezione delle direzioni sanitarie, che possono richiederne l’uso per chi presenta sintomatologia respiratoria. Per quanto riguarda gli ambulatori medici, la decisione sull’utilizzo di dispositivi di protezione delle vie respiratorie resta alla discrezione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Il numero di operatori sanitari dell’Ausl Romagna risultati positivi negli ultimi mesi si attesta su valori molto bassi, anzi nessun caso da fine marzo. Rimane tuttavia cruciale non abbassare la guardia verso il Covid-19, specialmente nei contesti sanitari, sociosanitari e socio assistenziali per proteggere le persone più fragili e anziane. Il monitoraggio e la vigilanza continua sono fondamentali per non vanificare gli enormi sforzi sanitari e sociali compiuti finora».

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