Forlì. Cimici asiatiche in aumento, danni all’agricoltura. «Non abbiamo armi per debellarle»

Forlì

Il problema delle cimici asiatiche non solo non è stato risolto, ma è addirittura peggiorato con gli agricoltori che si ritrovano senza armi a combattere una vera e propria invasione che minaccia i raccolti. Negli ultimi anni la presenza dell’insetto alieno è aumentata in modo significativo, causando danni crescenti alle coltivazioni, in particolare alle pomacee, piante che producono come frutto un pomo quali mele e pere. A lanciare l’allarme sono gli agricoltori romagnoli, che denunciano una situazione paradossale: la cimice avanza, ma gli strumenti per combatterla diminuiscono.

«Il problema della cimice asiatica e i conseguenti danni non si sono risolti, anzi sono addirittura cresciuti - denuncia Walter Casadei, presidente della sezione frutticoltura di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini -. La presenza della cimice è maggiore. Chi ne risente in maniera particolare sono le pomacee. Anche durante la raccolta si trovano cimici sul frutto - prosegue - . Gli antiparassitari per combatterle si sono ridotti: sia i principi attivi da utilizzare sia il numero degli interventi consentiti».

Una tenaglia normativa dettata dall’Europa che lascia gli agricoltori sempre più disarmati di fronte a un nemico che invece prolifera. La scorsa settimana, durante una riunione in Regione, Casadei ha presentato una proposta: «Anziché far fare alla Regione il lancio di antagonisti per la cimice asiatica sul territorio in modo dispersivo - spiega - si potrebbe permettere ad ogni azienda interessata di poter fare il lancio di antagonisti all’interno della propria azienda usufruendo di un contributo, in modo che sia più focalizzata e non dispersiva. Bisogna poi trovare nuovi prodotti meno impattanti a livello ambientale che possano essere efficaci per combattere la cimice», aggiunge.

Sulla stessa linea Danilo Misirocchi, presidente di Cia Romagna, che conferma la gravità della situazione: «Il danno c’è - conferma -. Storicamente in Romagna eravamo riusciti ad avere minori problemi rispetto all’Emilia, però ultimamente il problema è aumentato perché si continua a togliere delle molecole per poter intervenire. Noi siamo sempre più senza armi». La produzione racconta una storia di vulnerabilità crescente: «Per le produzioni fino a luglio riusciamo ancora ad agire - spiega - ma da luglio diventa complicato: pesche tardive, kiwi, pere e mele restano esposte all’attacco delle cimici senza strumenti adeguati di difesa». Gli antagonisti naturali sono una strada percorribile ma non sufficiente: «È sicuramente un intervento di lotta importante che va perseguito, ma non risolve il problema - afferma - . Non abbiamo raggiunto in questi anni dei livelli sufficienti. La cimice è stata importata dall’America e non ci sono antagonisti naturali qui, dunque prima che si crei un equilibrio in natura servono tempi lunghi. Vanno perseguite tutte le strade - sottolinea il presidente di Cia Romagna -. Ci sono anche trappole che si montano quando le cimici cercano ripari per l’inverno ma servono delle molecole sufficienti per contrastarle efficacemente».

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