Salari alleggeriti da inflazione e tasse, contratti precari, aumento delle dimissioni volontarie e stipendi medi, a livello provinciale, tra i più bassi in regione. È a tinte fosche il quadro dipinto dalla Cgil in tema di lavoro. Se nella nostra provincia i risultati in termini di occupazione sono buoni con il 70,7% e con un tasso di disoccupazione sceso al 3,4%, anche la nostra realtà paga un prezzo alto in termini di qualità e stabilità del lavoro. L’aumento degli inattivi, ovvero i lavoratori senza lavoro che non stanno cercando impiego, tra il 2019 e il 2024 è pari al 9,7% con un +14,3% tra le donne. Anche la crescita delle dimissioni volontarie ha segno positivo: +52,9% rispetto al quinquennio 2015-2019. Dati che raccontano una realtà in cui fatica, bassi salari e mancanza di prospettive spingono molte persone a lasciare il mercato del lavoro, trasferirsi all’estero o cercare soluzioni alternative. “Se osserviamo i dati la nostra provincia è fanalino di coda in regione - spiega Maria Giorgini, segretaria generale Cgil Forlì-Cesena - , con il raddoppio degli infortuni mortali sul lavoro arrivati quest’anno a 14. Un’emergenza che non può non restare inascoltata, servono maggiori controlli e condizioni di lavoro stabili”.
In provincia solo il 44,6% dei lavoratori ha un impiego stabile e a tempo pieno: per le donne la percentuale si ferma al 28,5%. Inoltre, le retribuzioni medie pari a 22.058 euro l’anno, restano tra le più basse dell’Emilia-Romagna e non tengono il passo con l’inflazione che tra il 2022 e il 2024 ha avuto un picco del 16,5%. I salari reali sono scesi del 9% nello stesso periodo con 25 miliardi di extragettito che la Cgil chiede di restituire: si tratta di circa 2.000 euro l’anno di maggiori tasse pagate da lavoratori e pensionati. Per tutte queste ragioni, sabato è stata indetta una manifestazione nazionale a Roma che ha già accolto centinaia di adesioni. “Ci teniamo a valorizzare il lavoro che abbiamo fatto nelle ultime tre settimane, dove abbiamo fatto oltre 300 assemblee nei luoghi di lavoro e nel territorio e spiegando le ragioni che ci portano alla manifestazione nazionale per la quale abbiamo già raccolto 500 adesioni”, sottolinea Giorgini. Si scenderà in piazza per gridare il proprio dissenso contro la Legge di Bilancio 2026: “Non propone soluzioni ai problemi quotidiani delle famiglie - prosegue Giorgini - . Per i redditi fino a 28mila euro non ci sarà alcun risparmio mentre per quelli da 30.000 il risparmio sarà di soli 3 euro al mese. Considerando che oltre il 70% dei redditi si colloca sotto i 30.000 euro, la misura è del tutto insufficiente”. A peggiorare il quadro, infine, è l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni e 5 mesi o a 43 anni e 3 mesi di contributi. “Il 5% della popolazione detiene il 50% della ricchezza nazionale - prosegue la segretaria della Cgil -. Proponiamo di redistribuire ricchezza e profitti introducendo un contributo di solidarietà sui patrimoni superiori ai 2 milioni di euro. Significherebbe avere 26 milioni di euro in più per il nostro Paese”. Infine la giornata di sabato sarà occasione per gridare no al riarmo: “Nel 2025 abbiamo speso in armi 32 miliardi di euro, il 10% in più dell’anno precedente e il 60% in più del 2019 - ragiona Giorgini -. Nella prossima legge di bilancio arriveremo a 45 miliardi di euro e con gli aumenti annuali che sono già stati programmati, arriveremo nel 2035 a 136 miliardi di euro all’anno per le spese militari. Per il servizio sanitario nazionale ne spendiamo 130 miliardi all’anno, questo significa che arriveremo a spendere di più in spesa militare che nel tutto il servizio sanitario nazionale”.