Forlì, botte all’alunno disabile: la maestra si difende in aula

Forlì
  • 17 luglio 2025

«Non ho mai messo le mani addosso a nessun bambino men che meno a lui che è un bimbo parecchio problematico. Perché i genitori mi hanno denunciato? Credo per ottenere quello che poi di fatto hanno ottenuto: passare a 20 ore di sostegno in classe per il loro figlio senza andar contro all’istituzione scolastica».

È tornato nell’aula del giudice Sonia Serafini (dove l’accusa era rappresentata dal pm Alice Lusa) il processo a carico di una maestra 57enne, accusata di aver preso a schiaffi un suo piccolo alunno, un bimbo di 8 anni di terza elementare. Un’accusa grave, che è arrivata in aula (la donna è difesa dall’avvocato Mauro Cacciaguerra) dopo una querela sporta dalla famiglia del bambino, che non si è comunque poi costituita parte civile.

Il bimbo ha delle problematiche di salute che lo rendono particolarmente agitato ed incline ad episodi ed esplosioni di violenza incontrollabili.

Anche per questo era stato munito, fin dai suoi primi anni di scuola, di un potenziamento di sostegno. Che però la scuola si poteva permettere solamente per un carico di 4 ore settimanali.

La maestra che in quell’anno insegnava ad una classe di 22 alunni di terza matematica musica e scienze motorie (una donna di cui non vengono esplicitate le generalità per non rendere subito identificabili i bimbi coinvolti nella faccenda) viene accusata di aver in più occasioni chiuso in bagno il piccolo alunno, avergli messo un cestino coi rifiuti in testa, strattonato schiaffeggiato e tolto le scarpe.

«Parte di queste cose sono successe in un unico contesto ma sono descritte in maniera differente dal reale. Altre non sono mai accadute – ha raccontato al giudice la donna –. A metà dicembre di quell’anno scolastico il bimbo aveva avuto una crisi rientrando in classe dopo la merenda. Mi sono frapposta fisicamente al fatto che volesse uscire dall’aula in stato d’agitazione perché poteva fare del male a se stesso ed agli altri. Sedendomi con la sedia della cattedra davanti alla porta della classe ed abbracciando la maniglia con un braccio. Lui nell’esagitazione mi ha colpito più volte ed anche al volto dove ho riportato lesioni in parte presenti ancora oggi. Insomma: non solo non ho mai messo le mani addosso a lui o a nessun altro bambino in vita mia, ma ho subito le conseguenze del suo agire inconsapevole. E non sono stata neppure aiutata dalle istituzioni scolastiche anzi...».

A colleghe e dirigenza la maestra imputa di non aver risposto ai suoi appelli anche formali di aiuto per raccontare l’accaduto in classe e cercare delle soluzioni. «Anzi, sono state fatte delle indagini scolastiche su di me: altre maestre e la dirigente hanno parlato coi bambini per farsi raccontare la scena vista. Una procedura a dir poco fuori da ogni logica. A me nulla è stato chiesto o detto. Fino a quando i genitori del bimbo non mi hanno denunciato. Basandosi su chissà quali racconti avuti».

La maestra respinge ogni accusa e si da una spiegazione dei fatti precisa: «La famiglia che conosce i problemi del figlio fino a quel momento aveva ricevuto solo dei no dalla scuola. Non c’erano soldi e risorse per più ore di sostegno. Dopo la denuncia, improvvisamente, le ore di sostegno sono passate da 4 a 20. Le risorse insomma all’improvviso sono saltate fuori».

Tanto che dopo la denuncia sporta la famiglia del bimbo non si è neppure costituita parte civile in aula.

Il processo a carico della maestra proseguirà nel mese di ottobre.

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