Forlì, anniversario del bombardamento di San Biagio: «Io scampata due volte alla morte»

Forlì

Domenica 10 dicembre 1944: una bomba tedesca ad altissimo potenziale cancella 20 povere vite e un gioiello storico architettonico che tutti ci invidiavano: la chiesa quattrocentesca di San Biagio in San Girolamo, con gli affreschi della Cappella Feo attribuiti a Marco Palmezzano e Melozzo degli Ambrogi. Ad 80 anni esatti da quel tragico evento, emerge la testimonianza inedita di una sopravvissuta, che quel giorno scampò miracolosamente a ben due bombe. Si tratta di Giliana Fabbri in Viroli, classe 1933. “Quel pomeriggio – racconta - era una bella giornata, anche se molto fredda e uscii di casa, posta in via dei Mille, per recarmi a San Biagio”. Nell’antica chiesa melozziana, il parroco salesiano don Pietro Garbin aveva chiamato a raccolta i fedeli per ringraziare il buon Dio della liberazione della città. Visto che nell’ambito della funzione era previsto anche un funerale, il sacerdote anticipò la celebrazione di un’ora rispetto al consueto. “Fu la nostra salvezza”. I cronisti del tempo, a cominciare dal bibliotecario comunale Antonio Mambelli, narrano di moltissima gente accorsa a San Biagio e rimasta in gran parte sul sagrato e sotto il porticato esterno. “Al termine - continua Giliana, che all’epoca aveva 11 anni - più o meno sulle 17, uscii dalla chiesa con la mia maestra elementare Maria Sintoni, che abitava nel nostro stesso edificio e prendemmo via Episcopio Vecchio, che all’epoca non era altro che un viottolo fra gli orti (l’oratorio Don Bosco assieme al convitto aeronautico, sarebbe sorto solo nel 1952) per rientrare a casa”. L’abitazione dei Fabbri era nell’edificio tutt’ora esistente in via Dei Mille, quasi dirimpetto Palazzo Braschi, ex sede della Democrazia Cristiana. “Il tempo di fare 100 metri e sentimmo il crepitare della contraerea e subito dopo un’esplosione incredibile, che ci buttò a terra. Ci rialzammo più o meno incolumi e prendemmo a correre a perdifiato”. Giunte in via Dei Mille, si rifugiarono nell’edificio sul fronte opposto della scuola delle suore Dorotee, ma lì furono sorprese da un altro spostamento d’aria. Il Mambelli nel suo Diario parla di questo secondo ordigno tedesco rimasto inesploso, riferendo però che era stato lanciato sulle case Maldenti, poco più in là. In verità cadde lì, finendo nei sotterranei del palazzo sotto il quale si erano riparate le due donne, uccidendo anche una persona. Intanto il polverone che avvolgeva il luogo dell’esplosione si era diradato: “Non riuscimmo ad andare oltre – ricorda Giliana - perché gli inglesi avevano disposto un cordone umano attorno al cratere, ma ci accorgemmo che San Biagio non c’era più”. Di lì a poco la giovane fu raggiunta dai genitori, che non erano andati in chiesa, ma vagavano disperati alla sua ricerca. Nelle ore successive, morti e feriti dissepolti dalle macerie della chiesa furono portati nei locali di proprietà degli Strocchi, commercianti di granaglie e sementi che risiedevano in via Dei Mille, all’angolo con via Paradiso. “Solo in un secondo momento - conclude la Fabbri - ho capito che quel giorno ero scampata per ben due volte alla morte in pochi minuti. Non finirò mai di ringraziare il Signore per questo doppio miracolo”.

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