Forlì, alberi tagliati nel Parco e fatti “sparire: c’è il processo

Fondi regionali per sistemare il parco delle foreste casentinesi tramite bando. Con opere di “diradamento boschivo” che avevano molteplici finalità. Mettere in maggior sicurezza il parco da pericoli derivanti da incendi, rendere il territorio ancor più fertile lasciando a terra i residui triturati del disboscamento, ed avere tanta “legna buona” a disposizione dl Demanio proprietario e dell’unione montana di comuni, da poter poi rivendere incassando ulteriormente denari da destinare alla “cosa pubblica”.
Un sistema che, tra il 2017 ed il 2019, secondo le investigazioni messe a disposizione della procura dai Carabinieri Forestali, avrebbe invece visto collaborare tra loro appaltatori e personale della pubblica amministrazione addetto al controllo, per “deviare” i proventi del legname. O quantomeno per lavorare di meno ed acquisire profitti ulteriori rispetto a quelli del bando stesso a cui si stava dando corso.
Una vicenda intricata quella che in sede preliminare ha visto già 4, tra tecnici dell’Unione dei Comuni della Romagna Forlivese, Unione montana e discipline naturalistiche, ma anche tecnici e responsabili di alcune delle ditte che si ritenevano legate in qualche maniera all’appalto, prosciolti direttamente dal Gip con sentenze di non luogo a procedere.
Cinque invece le figure rimaste ancora alla sbarra per il processo di primo grado nell’aula del presidente Monica Galassi (a latere Federico Casalboni e Ramona Bizzarri), dove la procura (il pm ieri in udienza era Laura Brunelli) contesta a tutti raggiri che avrebbero visto come parte lesa la regione Emilia Romagna, che si è costituita tramite l’avvocato Franco Oliva del foro di Bologna.
I carabinieri forestali, all’epoca coordinati dal pm Filippo Santangelo per un fascicolo poi strutturato sul tavolo di Federica Messina, iniziarono ad interessarsi da vicino di cosa stesse succedendo sulle montagne del versante forlivese del Parco Naturale delle foreste Casentinesi quando iniziarono a notare un anomalo via vai di mezzi pesanti carichi di legname di varia natura. La Regione, tramite bando, concedeva ad avanzamento lavori fondi all’Unione dei Comuni della Romagna Forlivese. Il lavoro doveva essere quello di diradare determinate porzioni di bosco, recuperare ed accatastare il “legno buono” sotto forma di alti fusti di proprietà del demanio ma che potevano poi essere rivenduti per far guadagnare le pubbliche amministrazioni; e infine “concimare” la parte di parco così sistemata, abbandonando a terra sparse sullo spazio liberato, triturati di scarto o parti di foresta inservibili per la commercializzazione.
Indagando, facendo controlli ed a volte staccano anche sanzioni, i carabinieri forestali si accorsero che gli “alberi buoni” tagliati ed accatastati per la futura vendita apparivano in numero minore rispetto alle indicazioni del bando regionale. Con un risparmio così “di forze ed economico” per chi eseguiva i lavori. La legna “di risulta” anche quella con il cippato, potenzialmente preziosa dal punto di vista economico, anziché restare sul posto prendeva strade forse in direzione di una termovalorizzazione che nulla aveva che fare con il bando. Le indagini si sono spinte fino ad intercettazioni ambientali negli uffici della allora dirigenza dell’Unione Montana discipline naturalistiche ed ambientali. Dove parte dei protagonisti della vicenda secondo le accuse vagliate in passato anche dal Gip, si scambiavano indicazioni sul “cosa dire” e “cosa fare” e “come farlo” in caso di controlli.
Tutte vicende per le quali alla sbarra ora restano in 4 persone fisiche ed una giuridica. A partire da Mauro Neri, 63enne volo noto per essere presidente di Confcooperative Romagna e che qui è chiamato in causa come legale rappresentante della Cta di Premilcuore, Cooperativa Territorio Ambiente Montano Acquacheta Rabbi, ossia l’azienda incaricata “di pubblico servizio” per la lavorazione ed il taglio della legna del bando (difeso dall’avvocato Carlo Nannini).
Con lui Gian Luca Ravaioli, 66enne all’epoca pubblico ufficiale con posizione organizzativa in seno all’Unione di Comuni della Romagna Forlivese – Unione Montana – Discipline Naturalistiche Ambientali Forestazione e Demanio. In qualità di progettista e direttore dei lavori finiti sotto la lente processuale (difeso dall’avvocato Giovanni Majo).
Poi Maurizio Pretolani, 46enne direttore tecnico della Cta di Premilcuore, difeso dall’avvocato Roberto Brancaleoni; e Nicola Scoccimarro, 53enne pubblico ufficiale, progettista e direttore dei lavori di alcuni dei cantieri finiti a bando (difeso dall’avvocato Madonia).
A processo, ma come persona giuridica, c’è anche la società cooperativa agricola Cta, che è difesa dall’avvocato Francesco Cardile.
Nell’ultima udienza sono stati ascoltati cinque tra semplici dipendenti e capo cantiere che hanno lavorato all’interno delle zone a bando per la martellatura e l’abbattimento degli alberi. Tra questi ha testimoniato sulle dinamiche lavorative anche Luigi Toledo, volto noto per essere stato per più mandati sindaco sia a Dovadola che a Portico - San Benedetto. Qui ha risposto alle domande di difesa e parte civile come i suoi colleghi della Cta (azienda per la quale ora non lavora più) su come avvenissero le operazioni di taglio selezione ed accatastamento del legname sotto inchiesta. La prossima udienza sarà invece dedicata ai consulenti tecnici ed ad almeno 4 testimonianze chiamate dalle difese.