Forlì. Agricoltori forlivesi protestano: «Paghiamo le tasse ma non possiamo accedere alla rete idrica per irrigare i terreni»

«La collina è destinata ad essere abbandonata e a morire silenziosamente perché l’acqua per gli agricoltori è vita». È questo il grido di allarme lanciato da quattro agricoltori del Forlivese, ma condiviso dalla stragrande maggioranza dei colleghi, che devono fare i conti con l’impossibilità di accedere alla rete idrica per irrigare. Una situazione che si trasforma in paradosso se si considera che le aziende sono tenute a pagare comunque al Consorzio di bonifica della Romagna una tassa per disporre di un’acqua che, di fatto, è per loro inaccessibile. «Gli imprenditori agricoli del territorio forlivese sono accomunati dall’esigenza di accedere all’acqua - spiega Alberto Mazzoni che ha un’azienda agricola a Forlì in zona Villagrappa -. Oggi l’irrigazione è diventata una questione fondamentale per le produzioni di qualità, dall’uva alla frutta, ma anche per le operazioni colturali, di emergenza e, di conseguenza, di difesa attiva dalle avversità atmosferiche. Io, da sempre, ho pagato e sto pagando una tassa di dominato Cer, che negli ultimi 10 anni è stata portata a circa 450 euro e che dovrebbe garantirmi la disponibilità idrica. Ho quindi chiesto di essere allacciato alla rete distributiva dell’impianto irriguo ‘Bolzanino’ alimentato con acque del Cer, ma ad oggi non ho mai ricevuto risposta. Dunque, io pago al Consorzio di Bonifica della Romagna una tassa, come tante altre aziende della mia zona, per niente».

L’acqua è preziosa non solo per irrigare ma anche per utilizzare i sistemi di difesa attiva dal gelo e dalla brina. Una risposta a questa situazione potrebbe arrivare dalla realizzazione di invasi collinari ai quali gli agricoltori potrebbero attingere. È in corso il progetto di fattibilità del bacino irriguo di Pieve Salutare, un’iniziativa avviata per affrontare la crisi idrica del settore agricolo divenuta ancora più attuale dopo l’alluvione. «Sono 30 anni che si parla della realizzazione del bacino di Vecchiazzano - aggiunge Enrico Drei Donà, imprenditore e titolare dell’omonima azienda e della Tenuta La Palazza di Predappio - . Lavori che non sono mai stati fatti. Se non si riesce a portare l’acqua in collina, è inutile fare passerelle e convegni disperandosi, perché l’agricoltura di collina ha dei problemi, quando in realtà in trent’anni non si è voluto far niente». Spetta al Consorzio di bonifica la progettazione di queste infrastrutture ed è proprio questo vuoto progettuale che fa sentire gli imprenditori soli. A breve avverranno le elezioni per il rinnovo degli organi amministrativi del Consorzio e gli agricoltori sperano in un cambio di passo. «Auspichiamo che ci sia una programmazione paritetica nelle province romagnole - chiosano all’unanimità - anche nell’ottica della messa in sicurezza del territorio. Bisogna dare garanzie alle aziende, c’è malcontento sul tema dell’acqua».

Un tema cruciale non solo per irrigare le piante ma anche per la gestione degli animali. «Io ho un allevamento - testimonia Massimiliano Conti - . Già faccio fatica ad accedere all’acqua dell’acquedotto perché non c’è portata. Non avendo la possibilità di accedere a quella del Consorzio, uso l’acqua potabile anche per rinfrescare gli ambienti oltre a dare da bere agli animali, figuriamoci se dovessi utilizzarla anche per il vigneto. Negli ultimi cinque-sei anni, la produzione è calata dai 20 ai 30 quintali perché non ho l’irrigazione. Manca l’acqua così come la programmazione».

«Poter avere l’acqua vuol dire poter scegliere cosa piantare - ragiona Carlo Alberto Favoni Miccoli -. In un’ottica di profitto, il vino bianco va prodotto in grandi quantitativi e questi li fai con l’irrigazione. Dalla collina gli agricoltori stanno andando tutti in pianura dove c’è possibilità di irrigare e si fanno 400 quintali d’uva. In collina facciamo fatica a farne 100. È chiaro, quindi, che se non si fa qualcosa la collina è destinata ad essere abbandonata, a morire silenziosamente».

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