Forlì, aggredita sessualmente al cimitero monumentale: il racconto nel processo

Forlì
  • 11 settembre 2025

«Si era calato i pantaloni e si era appoggiato a me dopo avermi sollevato il camice. Sono riuscita a scappare ed a dare l’allarme. E solo dopo mi hanno riferito che aveva tentato la stessa cosa con altre donne. Che non lo avevano però mai denunciato».

È stata aggredita sessualmente al cimitero monumentale. Una forlivese 48enne ha raccontato i dettagli, ieri nell’aula del presidente Monica Galassi (con giudici a latere Federico Casalboni e Ramona Bizzarri) di quanto subito alla fine dell’ottobre 2022 all’interno del cimitero da parte di un operatore necroforo, un forlivese 50enne, che ora è alla sbarra accusato di violenza sessuale. Accusa sostenuta dal pm Emanuele Daddi.

Un vicenda surreale anche (e non solo) per il luogo in cui è avvenuta. L’accusato, un uomo sposato, difeso dall’avvocato Filippo Raffaelli, aveva conosciuto la donna (tutelata per parte civile dall’avvocato Igor Bassi) appena una settimana prima.

Lei, altrettanto sposata, aveva iniziato da 7 giorni a scontare ore di lavori socialmente utili al cimitero, per una sentenza di condanna per guida in stato d’ebbrezza. «Avevo conosciuto un po’ tutte le persone che gravitavano all’interno del cimitero e con le quali dovevo rapportarmi per il compito da svolgere nei lavori socialmente utili – ha raccontato –. Si trattava per lo più di pulizie all’interno dei vari ambienti del cimitero, a servizio della collettività e dei visitatori».

Un ambiente all’apparenza cordiale. Con scambio di numeri di telefono tra “colleghi” ed anche pause pranzo passate insieme, mangiando qualche cosa prima di riprendere il turno o alla fine del turno stesso.

«Quel giorno eravamo in tre». La donna, l’accusato di violenza sessuale ed un suo collega. «Avevamo mangiato a pranzo pizzette che ci aveva portato una responsabile e bevuto una birra. Poi ci siamo spostati “nel forno”».

Si chiama così, nello slang del cimitero di Forlì, una sorta di rimessa-garage dove vengono custoditi trattorini, attrezzature, assi di legno. Un vano vicino agli spogliatoio maschile e dove ci si riposa tra un turno e l’altro.

«In mattinata lui – ha spiegato la donna additando l’imputato – mentre ci spostavamo col trattorino, mi aveva offerto di bere della grappa: un liquore tipico di un Paese dell’est Europa. Avevo sentito l’odore di quel liquido e avevo rifiutato l’offerta. Dopo il pranzo consumato insieme loro due avevano finito il riposo. Uno è stato spedito a svolgere servizi in un altro cimitero. Erano le 13.30 ed io, a differenza loro, sarei dovuta rientrare in turno alle 14. Così stavo cercando uno spazio nel “forno” per potermi sedere e riposare, attendendo di ricominciare il lavoro. Mi ha avvicinato: prima mi ha offerto di “innaffiare il fiorellino” con la grappa che ancora aveva con sé. Indicando di voler bagnare di quel liquore una rosa che ho tatuata sul seno sinistro. Io l’ho allontanato e mi sono girata per cercare uno spazio dove riposare. A quel punto l’ho sentito ansimare e mugolare. Si era calato i pantaloni e mi si è avvicinato appoggiandosi dopo avermi alzato il camice da lavoro».

La donna è scappata. «Ho corso per i viali del cimitero mentre lui mi inseguiva col trattorino urlando di calmarmi e che mi voleva parlare. Io sono arrivata al mio smartphone che avevo custodito nello spogliatoio, ed ho chiamato aiuto». Poco dopo si sono presentati al cimitero in rapida successione i familiari della donna, i carabinieri ed un’ambulanza che ha trasportato in ospedale la 48enne. Alla prossima udienza verranno ascoltate ulteriori testimonianze sul fatto. Tra cui la versione dell’imputato, che racconterà la sua verità prima che venga emessa una sentenza.

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