Forlì. Adriano Oleandri sforna ancora pizze a 85 anni: “Non mi ha fermato nemmeno l’alluvione”

Forlì

«Non mi ha fermato nemmeno l’alluvione, andrò avanti finché potrò». Non finisce di stupire Adriano Oleandri, decano dei ristoratori forlivesi dall’alto degli 85 anni di vita, di cui almeno 70 dietro ai fornelli.

E’ una passione che viene da lontano: «Ho passato la prima giovinezza - ricorda - a servire ai tavoli della Trattoria dei Fiori, condotta dai miei genitori». Il locale era posto in via Albicini all’angolo con via Sant’Anna, dove oggi opera un erboristeria: fra i clienti c’erano anche i militari della vicina Caserma “Achille Cantoni”, attuale sede dei Musei San Domenico, senza dimenticare maestranze e clienti della fabbrica di feltri Bonavita, demolita alla fine degli anni ’60.

Oltre all’impegno nell’esercizio di famiglia, Oleandri frequenta l’Istituto Alberghiero a Rimini. «Era dura stare su tutte le mattine alle 5 per prendere il treno e andare a lezione. Non ero molto bravo sui libri, mentre me la cavavo benissimo in cucina e nei servizi vari». La via era tracciata. Nel marzo 1958, all’età di 18 anni, Adriano è nel retro bottega del Caffè della Borsa, in Piazza Saffi, intento ad imparare come impastare ed infornare un alimento ancora sconosciuto in città. «Ebbene sì – dichiara con orgoglio - sono stato il primo a Forlì a fare la pizza». Nel 1960 è chiamato a servire la Patria in Marina e si ritrova a Roma: «Facevamo la guardia al Senato, al Quirinale e all’Altare della Patria. Nel tempo libero tiravo di boxe nella palestra interna della caserma». E’ uno sport che gli piace e che pratica con impegno, tanto da incrociare i guantoni, in allenamento, nientemeno che con la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma, Nino Benvenuti, recentemente scomparso.

Al ritorno dalla naia lavora presso alcuni locali forlivesi, fino a prendere in gestione l’Hotel Marta, in corso della Repubblica. Dopo alcuni anni di conduzione di una tabaccheria in corso Diaz, nel 1985 ritorna alla grande passione per la cucina, con l’apertura sopra Castrocaro del ristorante Bel Sid, che ha condotto sino al 1997, l’anno della pensione. Ma l’inattività non fa per lui: gli mancavano troppo le chiacchiere fra i tavoli, le pizze impastate la mattina e servite la sera. Comincia a cercare un sito dove poter riaprire e nel 2000 avvia il locale attuale, in via Locchi, ai Romiti: «Essendo in pensione, mi sono permesso di aprire solo la sera, per il gusto di accontentare amici e conoscenti». Va tutto bene sino al 16 maggio 2023, la notte dell’alluvione. Alla fine del primo tempo del derby di Champions, Milan - Inter, viene meno la luce e Oleandri decide di rientrare a casa. Di lì a poco arriverà la piena del fiume, che ha avuto uno degli epicentri proprio in via Locchi. «Alla vista del mio locale sommerso da quasi due metri di acqua e fango, mi sono sentito perduto». Poi, grazie alla moglie Oliviana e ai pochi risparmi messi da parte, comincia a ripulire ed imbiancare. «Ho dovuto ricomprare tutto, tavoli, sedie, i due frigoriferi e persino le porte, ma ho riaperto». La forza di quest’uomo sta proprio nella grande capacità reattiva. La sua rinascita è stato d’esempio per un intero quartiere, quello dei Romiti, che, al pari di Oleandri, non si è mai arreso ed è ripartito.

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