Campigna, niente neve e 16 gradi. il turismo invernale si scioglie sotto il sole: “O cambiamo l’offerta o è la fine”

Forlì

Più che un bianco Natale è un altro Natale...in bianco per chi vorrebbe concedersi una discesa con sci, snowboard, bob o slitta (o anche una bella ciaspolata) senza sciropparsi centinaia di chilometri per raggiungere le Alpi o le Dolomiti. Rimanendo in Romagna, a Campigna e nelle Foreste Casentinesi. Ieri, 22 dicembre, la colonnina di mercurio in quota segnava 16 gradi e in città lambiva i 20. Roba da matti, anzi da primavera. Anche inoltrata. Da cappotti negli armadi e piumoni, scarponi e tute d’alta montagna ancora in naftalina.

Un danno non da poco per chi costruisce una stagione sulla coltre bianca che la mente di ogni bimbo associa da sempre all‘albero di Natale e al presepe. Manuel Tassinari è uno di quelli. Anzi. Ne è in un certo senso l’emblema, visto che gestisce gli impianti di risalita di Campigna, è titolare dell‘Hotel Granduca e del Rifugio La Capanna sempre nella medesima località. Ha in mano l’intera filiera della proposta e ricettività turistica quindi. Ed è proprio per questo che all’ennesimo fine anno “a secco” allarga lo sguardo con una riflessione più ad ampio respiro della stretta analisi del Natale 2023.

Tassinari, si avvicina il 25 dicembre e ancora una volta della neve neanche l’ombra...

«Purtroppo non è neanche solo questione di neve. Non c’è proprio più il clima invernale: oggi abbiamo 16 gradi, la neve dura massimo un mese e tre fine settimana non salvano mica una stagione. L‘unica strada è cambiare tipologia di offerta e metodo di lavoro, andare oltre il “si va a Campigna quando ci sono 40 gradi d‘estate a Forlì d’estate o ha imbiancato d‘inverno”».

A cosa si riferisce?

«In Trentino, in Veneto, in Valle d‘Aosta o Piemonte ti portano nelle malghe a vedere la produzione del latte, propongono attività alternative, formulano pacchetti completi. E‘ questa la strada, coinvolgere i borghi e i nostri produttori per andare oltre la stagione. Bisogna proporre un contesto unico, un territorio».

Nel frattempo lei non sta certo con le mani in mano e si sta preparando con le sue di strutture

«Stiamo facendo le corse giorno e notte perché abbiamo rivoluzionato l’albergo e stiamo cercando di aprire per le festività, ma sarà dura. Siamo alle ultime battute della ristrutturazione, mentre il rifugio è ancora chiuso vista la mancanza di neve e aprirà il 26».

Con l‘esplosione del trekking e delle passeggiate non lavora molto lo stesso?

«D’inverno è la neve che porta gente, chi fa escursioni è un cliente da una giornata, massimo un sabato e domenica e spesso si porta i panini da casa. Il turismo è un’altra cosa, è da tre-quattro pernottamenti. Con “La Capanna“ saremo a disposizione dal giorno di Santo Stefano, ma bisogna vedere per cosa, perché il rischio è tenere il rifugio riscaldato per quattro persone a pranzo e qualche caffé di chi fa trekking».

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