Anticoagulante ai pazienti Covid, sperimentazione a Forlì

Forlì

FORLI'. Si chiama Enoxaparina sodica il farmaco che può ingannare il Coronavirus ed è per questo che anche a Forlì, ora, scatta la sperimentazione. Di cosa si tratta? Di un’eparina a basso peso molecolare che, per la sua forte azione antitrombotica, risulta già essere uno degli anticoagulanti più utilizzati nelle strutture sanitarie la terapia rivolta ai soggetti sottoposti a intervento chirurgico. Ora potrebbe essere una risposta efficace nel contrasto al Covid-19 o, almeno, questo è quanto si sta cercando di capire anche all’ospedale “Morgagni-Pierantoni”, coinvolto assieme ad altri 13 centri italiani nella sperimentazione del farmaco fornito gratuitamente dall’azienda Techdow Pharma, filiale italiana della Shenzen Hepalink Pharmaceutical Group.
La sperimentazione
L’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) ha difatti autorizzato in tempi strettissimi l’avvio di uno studio multicentrico denominato “InhixaCovid19” che si basa sull’utilizzo dell’eparina a basso peso molecolare su pazienti con quadro clinico moderato o anche grave. Saranno 300 i pazienti cui verrà sottoposta a diversi dosaggi come terapia nei 14 plessi sanitari prescelti e l’obiettivo è testarne l’efficacia nel migliorare il decorso della malattia.
Lo studio ha una matrice e una cabina di regia tutte emiliano-romagnole. A coordinarlo, infatti, sarà Pierluigi Viale, ordinario di Malattie Infettive dell’Università di Bologna e direttore della medesima Unità operativa del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. Si tratterebbe, a sua detta, di «un altro importante tassello del nostro armamentario terapeutico verso Covid-19». La sperimentazione clinica «è quanto mai necessaria per capirne al meglio il ruolo e l’applicabilità, per ora resta un’ipotesi scientifica e abbiamo necessità di acquisirne rapidamente evidenze con il massimo rigore metodologico».
Tutto nasce da un’evidenza: nelle persone infettate dal Coronavirus, le alterazioni della coagulazione e le complicazioni trombotiche hanno una rilevante incidenza clinica e rappresentano una variabile associata ai decessi. Già agli albori dello scoppio dell’epidemia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva raccomandato nei soggetti infettati la somministrazione sottocute di eparina, dando tra l’altro sin da allora una indicazione per quella a basso peso molecolare. In Cina, poi, l’utilizzo e gli studi scientifici hanno dato riscontri importanti: l’anticoagulante “attrarrebbe il virus” e questo si attaccherebbe alla molecola del farmaco anziché alle cellule sane venendo, per così dire, “ingannato”.
Come funziona
In sostanza, anziché intaccare le cellule, aggredirebbe l’eparina stessa e per questa ragione, assieme agli antivirali, il farmaco era già usato anche a Forlì nel trattamento terapeutico delle persone ricoverate al “Morgagni-Pierantoni”.
Ora il protocollo riguarda anche i dosaggi del farmaco, che salgono rispetto a quelli adottati in precedenza. Tutti i 300 pazienti ammessi alla sperimentazione, riceveranno “Enoxaparina biosimilare” per via sottocutanea in mono-somministrazione giornaliera: un gruppo di 200 pazienti con dose pari a 4mila Ui (acronimo di Unità Internazionale, misura del quantitativo di una sostanza basata sulla sua attività biologica) e un gruppo di 100 con dosi che variano da 6mila a 10mila Ui sulla base della massa corporea del paziente.

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