«Dopo l’alluvione la solidarietà è stata tantissima, soprattutto da parte degli amici, mentre per quanto riguarda le istituzioni a dominare è la sensazione di abbandono. Per questo stiamo cercando di organizzarci insieme ad altri comitati già esistenti in Romagna». Alessandra Bucchi, 56 anni, avvocato forlivese, abita in via Oslavia insieme al marito Rossano Gatti e alla figlia Letizia, nel quartiere San Benedetto e come tanti altri ha avuto danni ingenti alla propria casa, oltre ad avere perso due auto e tanti ricordi. E non dimentica la paura e l’angoscia vissute il giorno in cui l’acqua del Montone ha invaso parte della città mercuriale.
«Abbiamo avuto 86 centimetri di acqua in casa e 105 nella parte in fondo al giardino – racconta – L’acqua è entrata anche nella dependance che abbiamo di fianco alla casa. Praticamente abbiamo dovuto buttare tutto ciò che era al piano terra: mobili, divani, cucina, elettrodomestici e anche la caldaia. Ho salvato solo alcuni mobili antichi di legno grazie al falegname. Per fortuna nella zona notte, di sopra, riusciamo a starci lo stesso, di sotto abbiamo svuotato gli ambienti, i muri si devono asciugare, ci vorrà ancora tempo, intanto teniamo i deumidificatori sempre accesi. La casa è degli anni Trenta – prosegue Alessandra – è stata ristrutturata tre anni mezzo fa, gli intonaci stanno tenendo, invece nella dependance si stanno sgretolando, lì serviranno lavori più risolutivi. Non abbiamo una stima dei danni precisa, credo saranno 50-60mila euro circa, stiamo aspettando per avere dei preventivi».
Dopo la paura e la ripresa della vita quotidiana, a mancare è il dialogo con le istituzioni. «Ci sentiamo abbandonati, insieme al Comitato degli alluvionati dei Romiti abbiamo avanzato tante richieste, ma per ora non abbiamo risposte. In questa situazione non sai cosa pensare, al di là di quello che è successo che è già grave, abbiamo paura per il futuro. Martedì 18 (domani, ndr) faremo un incontro per il quartiere. Cerchiamo di aiutarci tra di noi, abbiamo fatto già incontri con gli alluvionati di Faenza, Cesena e Ravenna per portare avanti un progetto comune. Stiamo cercando tutti insieme di avere risposte. La preoccupazione principale è ovviamente che si ripeta quello che è successo a maggio, il territorio è più fragile di prima. Il fango ha intasato il sistema fognario, il terreno non drena più e i fiumi sono da pulire dopo tutto quello che è successo». Anche dal punto di vista psicologico l’alluvione ha lasciato il segno. «Per me è stato uno shock, prima tutta quell’acqua, poi siamo rimasti al buio, non potevamo fare nulla. Il giorno dopo abbiamo lasciato casa, per una settimana siamo rimasti dai miei suoceri. Mio marito non riusciva ad abbandonare la casa ed era sempre là a lavorare. Mia figlia di 19 anni all’inizio l’ha vissuta male, ma è stata brava, ci ha aiutato sempre. Era molto provata e doveva anche preparare l’esame di maturità, è andata bene, ora è più tranquilla».